
"Pensavamo che si trovassero al Bataclan", ha detto la mamma. "Mi aveva detto che andava in un locale famoso, ma non ricordavo il nome. Soltanto un paio d'ore dopo, quando sono usciti per fumare una sigaretta, Elisabetta ci ha richiamati, dicendo che stavano bene e che fino a quel momento non si erano accorti di nulla".
"Alle 23.04 - raccontano la mamma Franca e il papà Daniele - nostro figlio ci chiama, dicendo che a Parigi è l'inferno. Preoccupati per Elisabetta e il fidanzato chiamiamo tutti e due a ripetizione, ma i telefoni sono staccati". Prosegue il papà: "A quel punto chiamo la Farnesina, che mi mette in contatto con l'ambasciata d'Italia a Parigi. Devo dire che sono stati tutti gentilissimi, ma di nostra figlia nessuna notizia".
"C'erano ambulanze ovunque, la città era deserta. Io correvo, guardavo la mappa e rispondevo al telefono. Non capivo più niente. Alla fine ci siamo rifugiati in un albergo e all'alba siamo tornati nel nostro hotel con un taxi", racconta Elisabetta. "Ci trovavamo in un locale jazz di Rue Tivoli e poche ore prima siamo passati vicino a quel ristorante assalito dai terroristi. Quando siamo usciti per fumare un sigaretta, abbiamo visto sullo smartphone decine di telefonate senza risposta di amici, genitori e parenti".
"Ho subito chiamato casa - prosegue la 27enne - pensando che fosse accaduto qualcosa e mia madre è scoppiata in lacrime. Ci urlava di fuggire. 'Ammazzano le persone', gridava. Così siamo scappati via. I ponti erano deserti. C'era la gente che si rifugiava nei condomini e noi abbiamo trovato ospitalità in un albergo vicino Notre Dame, perché il nostro hotel, nei pressi del Quartiere Latino, non era raggiungibile. C'erano tutte le strade chiuse".
"Alle 4.30 circa - conclude Elisabetta - i titolari dell'albergo ci hanno chiamato un taxi e siamo così ritornati nel nostro hotel. Stasera torniamo in Italia e finisce un weekend che non scorderemo mai".
IL COMMENTO
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