I tre libici fermati in porto a Genova potrebbero essere davvero affiliati all'Isis. In uno dei cellulari c'è una foto inquietante: la bandiera del califfato con la dichiarazione di adesione all'Isis. I tre dicono di essere commercianti d'auto, ma per gli investigatori potrebbero essere fiancheggiatori e il commercio d'auto potrebbe servire per finanziare l'Isis.
E non è tutto: i due sedicenti fratelli iraniani, Karim e Shadad El Kunani, fermati all'aeroporto di Genova con documenti belgi falsi, non si trovavano in città per caso: le telecamere del centro storico li hanno ripresi mentre si incontravano con qualcuno. Probabile, quindi, che avessero già dei contatti a Genova.
Al momento è escluso che gli arresti degli iraniani e dei tre libici avvenuto domenica scorsa in porto siano collegati, ma il moltiplicarsi dei casi e l'emergere di nuovi particolari ha fatto innalzare il livello d'allarme: alla frontiera di Ventimiglia rinforzati i controlli, grazie anche all'intervento dell'esercito.
CHI SONO
I tre libici fermati si chiamano Abdel Kader Alkurbo (50 anni libico con passaporto svedese), Muhamad Ali Mosa Lufty (43 anni libico residente a Bruxelles) e Mohamed Abdel Mohamed Amar (39 anni, libico con passaporto belga) e sono accusati di riciclaggio aggravato dalla finalità terroristica. Oltre a foto che denunciano una compromissione con l'Isis, ci sono immagini di bambini armati, scene di guerra e di persone che inneggiano allo Stato Islamico, di gente ferita e sentenze di condanna egiziane per fatti di terrorismo legato alla jihad.
I tre, emerge dalle prime indagini, avrebbero viaggiato altre volte da e verso il Nord Africa, con auto però regolari. Le loro tracce sono state registrate dalle compagnie di navigazione che hanno conservato i loro dati anagrafici nei data base dei passeggeri. Un sostegno, si ritiene, che potrebbe arrivare in due modi: o con il semplice trasporto di auto "pulite" che poi vengono usate per consentire ai terroristi di spostarsi tranquillamente o, ancora, finanziando le casse dell'organizzazione attraverso la vendita delle auto rubate.
Un altro aspetto da chiarire è quello del supporto logistico in Liguria: i tre avevano contatti con una cellula attiva a Genova o nelle altre province? Un riscontro a questa ipotesi potrebbe arrivare nelle prossime ore dall'analisi dei tabulati telefonici sui cellulari sequestrati.
ALTA TENSIONE
"La tensione è molto alta". Così Edoardo Monzani, Amministratore delegato di Stazioni Marittime, a Primocanale dopo gli arresti nel porto di Genova.
"Noi abbiamo 500 mila passaggi da e per il Nord Africa e quindi, questo dei traghetti è un canale molto facile per entrare e uscire dall'Europa. Le forze dell'ordine stanno raccogliendo i loro risultati, c'è un pò di disagio per l'utenza ma è uno scotto doveroso da pagare".
Monzani spiega: "La tipologia delle persone che partono da Genova per il Nordafrica è abbastanza chiara: viaggiano con queste macchine stracariche di masserizie che non sono facili da controllare. Mi viene da sorridere nel leggere come è avvenuta la cattura di queste persone: avevano macchine uguali, erano in fila, senza bagagli. La loro diversità rispetto agli altri viaggiatori "tipici" ha subito attirato l'attenzione".
A proposito della tensione Monzani cita un episodio: "Domenica è scattato l'allarme per un bagaglio abbandonato al Terminal Traghetti. La Polizia si è subito mobilitata e ha individuato il tunisino che aveva momentaneamente abbandonato la valigia. Tutto si è risolto subito ma questo dimostra lo stato di tensione che esiste".
CONTROLLI SERRATI
"Il porto rischia di diventare crocevia di soggetti legati al terrorismo internazionale, ma queste persone devono capire che qui i controlli sono serrati e che non possono girare indisturbati senza dare contezza di chi siano e cosa fanno". E' quanto detto dal procuratore capo di Genova Francesco Cozzi, in merito all'arresto dei tre libici arrivati in porto su tre auto presumibilmente rubate e con foto di armi e scene di guerra sui telefoni.
I DUE FRATELLI FERMATI ALL'AEROPORTO
Intanto Karim e Shahad El Kunani, i due fratelli arrestati il 31 dicembre a Genova mentre cercavano di imbarcarsi su un volo per Londra con falsi documenti belgi, per la procura di Genova e per il gip non sono due migranti. Anzi, per il giudice ci sono fondati sospetti che possano operare "in uno scenario terroristico internazionale", e "far parte di una cellula internazionale". Tanto che devono restare in carcere.
E il pm Pier Carlo Di Gennaro contesterà loro l'aggravante del terrorismo: al momento sono agli arresti solo per aver mostrato documenti falsi. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia i due fratelli hanno raccontato una nuova versione della loro storia. Hanno detto di essere iraniani e non più siriani come spiegato al momento dell'arresto, di essere scappati da lì perché volevano convertirsi al cristianesimo e per questo avrebbero subito vessazioni. La donna ha detto di essere una infermiera ma di non ricordare né il giorno, né il mese di nascita. E poi hanno descritto un viaggio e dettagli che hanno lasciato ancora più perplessi gli investigatori.
cronaca
Presunti terroristi a Genova, trovate foto di adesione all'Isis. A Ventimiglia arriva l'esercito
E i due fratelli fermati all'Aeroporto avevano già contatti a Genova
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