politica

Spicchi d'aglio
2 minuti e 6 secondi di lettura
Riguardo con nostalgia un’ intervista di Gigi Bottino, storico presidente della Fiera, a Franco Manzitti, che Primocanale mandò in onda nel 1987. Bottino esaltava la specificità della Fiera, la sua posizione geografica, sul mare, all’ingresso del porto. Unica al mondo. Erano gli anni d’oro della col Salone Nautico e ogni quattro anni l’Euroflora. I presidenti avevano lo stesso potere dei loro omologhi alla Camera di Commercio o al Consorzio del Porto. Non c’erano dubbi sulla vocazione congressuale di Genova proprio per quella Fiera architettonicamente essenziale e circondata dal mare.

Sono stato alcuni giorni fa a realizzare un breve viaggio in ciò che resta della Fiera di Gigi Bottino e poi di quelli che sono venuti dopo di lui. Alcuni personaggi capaci come Giuseppino Roberto, alcuni sistemati lì dalla politica spesso come consolazione dopo una sconfitta.

Il quartiere fieristico appare, oggi, come Beirut: bombardato. Fa pietà e rabbia.

In mezzo alle macerie il padiglione di Jean Nouvel, additato da tanti come l’origine di tutti i mali della Fiera, chiamato il “padiglione di sprechi”, architettonicamente bello (per altri orribile), firmato dall’archistar autore dell’Institut du monde arabe di Parigi, cresciuto sotto il sindaco di allora, Giuseppe Pericu, nella seconda metà degli anni Duemila, inaugurato dal sindaco Vincenzi nel 2009, carico di disastri (un crollo per fortuna senza vittime) e soprattutto di debiti. La Fiera fece causa a Nouvel quando la società costruttrice Coopsette chiese 23 milioni in più , oltre ai 40 già incassati, per nuovi lavori non previsti che si sarebbero resi necessari in corso d’opera. La Coopsette sosteneva che i costi fossero lievitati per presunte “distrazioni” progettuali, la Fiera, per contro, sollecitò a Coopsette un risarcimento di dieci milioni per il crollo. Un groviglio di azioni legali.

Non so se il padiglione sia all’origine della disfatta della Fiera. Certo se non è l’unico motivo è il principale insieme ad altri.

Ma è giusto oggi liquidare il quartiere fieristico sostenendo che le fiere non tirano più? Non mi pare. E forse è anche arrivato il momento di dire con chiarezza di chi sono le responsabilità di questo fallimento. Perché si è arrivati a questo punto. Quali sono state le scelte sbagliate, chi le ha fatte, con nomi e cognomi.

Troppo comodo liquidare la partita allargando le braccia. Domani sera a Macaia proveremo a capire. E’ un diritto dei genovesi.