Prima di diventare presidente del tribunale di Genova, Claudio Viazzi ha passato in pretura gli ultimi anni di piombo. Dal suo ufficio di Sestri Ponente ha visto lotte operaie e crisi sindacali, ma soprattutto ha visto smantellare le realtà industriali del Ponente genovese col loro portato sociale e culturale. Intervistato da Mario Paternostro e Franco Manzitti a Primocanale, Viazzi fa il punto sulla giustizia genovese, una realtà ancora abbastanza sana.
Come sono i numeri del tribunale di Genova? C'è lo stesso ingolfamento nazionale? - A Genova no. I numeri elevati sono dovuti al fatto che è la realtà più grossa del distretto e la settima per dimensioni in Italia. Nel 2015 abbiamo avuto 35 mila affari civili in ingresso, in media 6 mila sentenze all'anno più 7 mila nel penale. Sì, sono numeri da far tremare i polsi, ma gli uffici funzionano. Ed è significativo anche che nell'ambito civile l'incidenza degli appelli è intorno al 12-14%, molto bassa, il resto delle sentenze non viene impugnato. È un ufficio che funziona. Nella metà dei casi, poi, in appello si riconferma la sentenza di primo grado.
L'operazione Chiavari l'avete digerita bene? - Il personale amministrativo non lavora al massimo delle sue potenzialità, abbiamo 120 giudici in servizio, con una dislocazione del personale amministrativo cerchiamo di coprire il buco di organico.
Ci potrebbe essere un aiuto governativo a questa situazione? - A differenza di decenni di abbandono da parte dei vari governi, ora le risorse sono aumentate, si sta investendo nell'informatizzazione. Ma non si tratta solo di computer, ci sono anche diverse qualifiche professionali dietro: tecnici informatici, statistici, gestori di banche dati. Ma è da 17 anni non si fa alcun reclutamento di personale amministrativo.
Il tribunale è uno degli angoli visuali migliori per capire come stanno i cittadini e in che condizioni è la città... - I misuratori che possono registrare i mutamenti profondi indotti dalla crisi economica sono l'incremento delle ingiunzioni sui crediti, delle esecuzioni, delle procedure concorsuali. Il concordato preventivo si usa molto, c'è un tentativo in atto per cercare il più possibile di pilotare le procedure concorsuali verso esiti conservativi anziché verso la liquidazione, cioè il fallimento, che porta alla distruzione di posti di lavoro. Lo scopo principale è il risanamento aziendale. Tutti lo perseguono a parola, ma il problema di fondo sta ancora in un'organizzazione imprenditoriale ancora familistica: c'è un solo un socio dominante che gestisce la società con la propria famiglia, è difficile costringere gli imprenditori a far emergere la crisi quando è ancora possibile salvarsi. Quando la crisi si svela è troppo tardi, si va verso la liquidazione
Ma Genova è una città litigiosa? - Innanzitutto non ha episodi “drogati”, fittizi, filoni che servono solo a incrementare gli introiti di un centro forense. Non abbiamo quei filoni che facevano arricchire studi di Benevento con centinaia di ricorsi a Strasburgo. È in calo la litigiosità da vicinato, da rapporti tra confinanti o condomini, perché i costi della giustizia sono aumentati a dismisura per effetto delle misure finanziarie del Governo finalizzate a contenere l'eccesso di domanda. Un obiettivo che si doveva ottenere in altri modi.
Come sono i rapporti tra i giudici e la politica? - Non entro nel merito, anche perché i giudici sono già tutelati ai massimi livelli dal Csm che ha stigmatizzato l'inaudita frase proveniente da Salvini (“La magistratura italiana è una schifezza”, ndr). Si parla di nuovo scontro: questa è una cosa estremamente fastidiosa, come se ci fossero due componenti che si azzuffano. I magistrati non si possono mai difendere.
Però fanno sentire fortemente la loro azione, per esempio su fatti che incidono sulla cronaca. E allora si creano polemiche e incomprensioni: dai processi sulle alluvioni a Carige alle spese pazze. Il cardinale Bagnasco l'anno scorso era intervenuto sull'iniziativa giudiziaria nei confronti di Raffaella Paita... - Sì, tra l'altro parlando come parlava l'ex presidente del Consiglio. Anche questo registra tanti fenomeni. In realtà c'è un attivismo dell'ufficio inquirente, che significa attuazione piena del principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Abbiamo una serie di processi inediti per dimensioni e numerosità: le alluvioni diChiaravagna, Sturla e Fereggiano, l'alluvione di Genova del 2014, in arrivo c'è quello della Torre Piloti, poi verrà Carige due. È una concentrazione che richiama attenzione spasmodica dei media, pressione, operazioni che lasciano qualche perplessità su come certi giornali raccontano i processi. Sono problemi non facili di rapporto tra opinione pubblica e magistratura. Noi abbiamo bisogno di essere controllati, ma anche di essere lasciati in pace e liberi di lavorare.
Tra i processi più gettonati ci sono quelli sulla malasanità. È un tema, quello della medicina difensiva, che sta terrorizzando migliaia di medici. Com'è la situazione? - A Genova ci sono molte cause inerenti a 'colpe mediche'. Tra l'altro ricordo che in Liguria gli ospedali da anni non hanno più una copertura assicurativa, ma operano in auto-assicurazione: la Regione ha disposto fondi destinati a coprire i risarcimenti da erogare per fatti di malasanità. Le compagnie sono scappate perché hanno visto che c'era uno sbilancio tra premi riscossi, riserve da accantonare e risarcimenti erogati.
E la riforma in atto che conseguenze avrà? - Dovrebbe alleggerire, sulla scia della legge Balduzzi, la posizione dei medici dirottando le richieste di risarcimento sugli ospedali. La logica dovrebbe essere: “non prendiamocela coi singoli ma con la struttura”. La vittima ha diritto ad essere risarcita, però perché prendersela col medico? In realtà i legislatori avrebbero una soluzione, come avviene già per insegnanti e magistrati: per queste tipologie di pubblici dipendenti vige la responsabilità indiretta. Il cittadino, cioè, non può fare causa ai singoli, ma allo Stato. Così risolveremmo buona parte delle pressioni sui medici.
Questa situazione incide anche sui costi della sanità - Certo, anche in termini di assicurazioni.
E le prescrizioni di esami 'inutili'? - La questione della medicina difensiva ha assunto dimensioni rilevanti per ragioni di spesa pubblica. Ma le conseguenze sono deleterie per i diritti fondamentali. Qual è il confine esatto tra medicina preventiva e difensiva? Ormai si tende a confonderle: se ogni volta che un medico prescrive un esame è un azione difensiva, allora che facciamo, non si prescrive più niente? Eppure abbiamo sentito tanto sulla prevenzione, ma se poi li bolliamo tutti come esami inutili, allora buttiamo il bambino con l'acqua sporca.
Lei è stato pretore a Sestri, dettala “Stalingrado” di Genova. Quella di allora era una città diversa da quella di oggi? - Irriconoscibile, ma non era solo un problema di identità politica. Quando sono stato lì, dal '78 all'82, gli anni di piombo e di crisi, io avevo tutte le più grandi fabbriche nel mio mandamento. L'Italsider aveva 12 mila dipendenti. Produceva circa 300 infortuni sul lavoro all'anno. Avevo la competenza di seguire e istruire tutti quei casi. Certo, ha prodotto anche inquinamento e blocchi stradali, però ricordo che via Sestri era una delle vie più belle. C'è una forte identità locale, come in tutto il Ponente. La presenza delle fabbriche, ma anche imprese private, connotava un pezzo della città.
Ma un pretore solo ce la faceva? - Eravamo in due e avevamo molta carne al fuoco. La città era diversa perché c'era un tessuto sociale diverso: migliaia di famiglie operaie, era una società che viveva anche di valori, accoglienza, circoli sul territorio.
Come vede questa città adesso? Cosa è rimasto? - Ho vissuto la storia della città da questo angolo visuale importantissimo, posso dire anzitutto che non scriverò niente, a differenza di tanti miei colleghi. Se scrivessi qualcosa, lo titolerei “Anni interessanti”, rubando un'espressione dello storico Hobsbawm. Anch'io posso dire di averli vissuti. Vedo dinamiche contrastanti in corso, anche di segno positivo, però occorrerà una grande classe politica, e soprattutto che sia all'altezza.
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Viazzi: "A Genova concentrazione di processi da far tremare i polsi"
Il presidente del tribunale del capoluogo: "La città è molto cambiata"
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