
Chiuso l'esercizio 2014 con un passivo di 26,1 milioni e un patrimonio netto negativo di 6,3 milioni, il Genoa aveva deciso di prendere tempo, anziché ricapitalizzare. Ceduti da allora Bertolacci, Falque, Mandragora e Perotti, perdurando la questione dei debiti tributati ancora non onorati, si rendono necessarie altre operazioni in uscita, parallele alla ricerca di talenti low cost da valorizzare, per uno spostamento del “rischio d'impresa” sulla squadra, infatti passata dal sesto posto della scorsa stagione agli attuali bassifondi.
Il progressivo affievolirsi del sostegno concordato iniziale dei Garrone alla nuova proprietà, sul fronte Sampdoria, impone agli amministratori un accentuato ricorso alle plusvalenze, strada peraltro imboccata fin dalla cessione di Mustafi. Il passivo preannunciato dai dirigenti dovrebbe scendere dai precedenti 24,6 a 2 milioni, al prezzo delle dismissioni per 25 milioni di attivo effettuate nelle sessioni 2015, politica proseguita con le rinunce a Eder e Zukanovic. Anche in questo caso, le ripercussioni sulla competitività sono state spietatamente puntuali.
Il calcio a Genova può quindi sopravvivere ad alto livello con due squadre soltanto con la sistematica scoperta e messa in vendita dei calciatori, visto che le altre entrate e il profilo economico degli azionisti non sembrano dare congrue garanzie. Oltretutto, proprio per regolare l'accesso al calcio, o meglio precluderlo a soggetti inadeguati, la Figc sembra intenzionata ad aggiungere ai parametri in vigore l'indice di liquidità, ovvero l'idoneità oggettiva di una società all'adempimento degli obblighi finanziari stagionali. Insomma, i soldi bisognerà averli prima di sedersi al tavolo da gioco, non sperare di trovarli tra una puntata e l'altra.
*Controcalcio in onda su Primocanale (ch.10 in Liguria) ogni martedi alle 21
IL COMMENTO
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