In fondo tutto dipende da quell'errore. Se Claudio Burlando, allora presidente uscente della Regione e supersponsor della “delfina” Raffaella Paita per la propria successione, avesse ascoltato la “vecchia guardia” nel momento chiave di quella campagna elettorale, oggi la storia del Pd sarebbe diversa e anche quella di Genova, della prossima campagna elettorale, del destino di Marco Doria sarebbe un'altra storia.
Se......L'indiscrezione, o meglio il retroscena mai svelato fino a oggi, emerge quasi un anno esatto dopo, Toti e i suoi che spadroneggiano, Burlando politicamente e pubblicamente desaparecido, la Paita arroccata nel suo ruolo di presunto capo dell'opposizone e di imputata in quel doloroso processo per l' alluvione. Proprio da questo processo e dai suoi passi iniziali parte l'indiscrezione.
Quando i magistrati spedirono alla Lella, tutta impegnata nello sprint elettorale, ma in un clima già invelenito nel Pd, diviso, contorto intorno alla sua non certo cavalcante candidatura, il famoso avviso di garanzia per l'alluvione, la “vecchia guardia” bussò alla porta di Burlando, che stava contando gli ultimi giorni del suo regno. “Ecco, ora puoi chiederle di ritirarsi, non si può affrontare la fase finale della campagna e tutto il resto, con la spada di Damocle di questo processo”, disse severo uno dei leader di quella vecchia guardia al presidente, un po' frastornato da quella tegola caduta sulla testa della candidata.
Da anni e mesi il Pd viveva, anche se non certo troppo da vicino, il dramma del processo a Marta Vincenzi, certamente ben più grave per l'iter processuale e per la portata delle accuse, ma molto simile a questo nuovo, che si addensava sul capo della Paita. E le obiezioni sulla candidatura un po' troppo “monarchica” della signora erano come un rumore cupo che scuoteva il Pd dall'interno.
…...L'ha scelta Burlando da solo, è una candidatura “debole”, non c'è stato alcun confronto interno, esistevano altre soluzioni che potevano essere vagliate.......il tam tam stava diventando quasi ossessivo da giorni e giorni, mentre la campagna, dopo quelle infernali Primarie contro Cofferati si stava consumando come una candela.
“Dai Claudio, convincila a fare un passo indietro anche nel suo interesse, abbiamo tante possibili soluzioni non necessariamente di uno di noi, possiamo anche trovare un candidato “esterno”, come per esempio l'avvocato Cocchi e come altri della società civile.....”, insisteva la “vecchia guardia.”
Ma Burlando fu irremovibile: “Non posso chiederle questo, andiamo avanti così e vedrete che ce la facciamo...... Sarebbe come un segno di debolezza, come un'ammissione cambiare candidato quando oramai siamo così vicini al voto”. Bisogna capirlo l'ex SuperClaudio. Da una parte c'era Renzi scatenato con tutto il suo staff che premeva da Roma: “Allora ce la facciamo, allora vinciamo o no, questa Paita è forte? “.
E lui che rassicurava, teneva botta, ostentava sicurezza davanti alle domande del “cerchio magico” di Matteo. Dall'altra parte c'era il partito genovese e ligure in ebollizione, la candidatura contestata, lo strappo violento di Sergio Cofferati, quelle maledette Primarie, vinte ma a quale prezzo. E poi c'era lui che aveva fatto la scelta secca, puntando tutta la posta su quella ragazza di La Spezia, giovane, rampante, aggressiva, “galattica”, come in qualche modo si era definita, battezzando la sua personale Leopolda.
“Burlando veramente renziano? - si domanda, con un tocco di sottile ironia oggi uno dei vecchi svelando un altro retroscena - Burlando aveva capito bene dove andava il partito e che era arrivato il momento di cambiare cavallo e di mollare Bersani, D'Alema, Letta e si doveva puntare sul nuovo.....E allora vai con Matteo. “
Se...... se vai con Matteo allora devi cavalcare sicuro, deciso. Come si poteva fare una capriola, non era nello stile, nella nuova impostazione: hai scelto una opzione moderna e scattante, “nuova” e ora la cambi magari con un candidato “di ritorno”.....No, non va bene.
E allora “la vecchia guardia” aveva chinato il capo, fatto dietro front e Raffaella Paita aveva fatto la sua corsa fino in fondo, fino a schiantarsi in una delle più pesanti sconfitte politiche della sinistra ligure.
Se......Certo, se Burlando fosse tornato sui suoi passi, se avesse accettato i consigli della “vecchia” guardia e la Paita si fosse ritirata con l'alibi perfetto di un processo delicato, oggi magari la storia sarebbe diversa. Un altro candidato al suo posto non avrebbe scontato l'handicap della lista Pastorino, non avrebbe spinto tanti compagni a disertare il voto, avrebbe preso molti più voti a Genova-capitale, dove quelle elezioni si sono perse. E il centro sinistra governerebbe ancora la Liguria.
La Paita sarebbe una potete consigliera o assessora e Burlando avrebbe ancora un ruolo, chissà dove a Roma, a Genova. Non sarebbe un po' per funghi, un po' nel suo ufficio di Maestrale, un po' nel suo eremo di Marzano a giocare a carte, a pensare al passato e al presente così diversi.
Gli equilibri dentro al Pd sarebbero necessariamente diversi, senza commissariamenti e lacerazioni con l'incubo delle Primarie da fare o non fare e con questo gigantesco problema genovese su Doria. Certo: avrebbero ancora da risolvere il rebus della sua posizione, ma in ben altro quadro. Se...........
politica
Se... Burlando non avesse perso quel "non posso" alla vecchia guardia
Oggi la storia del Pd sarebbe diversa
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