Non la bocciatura, ma è un po' come quando a scuola si veniva rimandati nelle materie principali. C'è molto da rivedere nel nuovo regolamento per le concessioni portuali, secondo il giudizio formulato dal Consiglio di Stato. Due, in particolare, le criticità sollevate: la debolezza dell'evidenza pubblica e l'assenza dei criteri in virtù dei quali stabilire con certezza almeno i canoni minimi.
Al netto delle polemiche che hanno agitato l'avvicinarsi del regolamento, peraltro atteso da oltre vent'anni, appare evidente come il giudice speciale amministrativo (organo previsto dalla Costituzione) chiuda all'angolo il Ministero dei Trasporti (Mit) retto da Graziano Delrio (Pd), proprio sugli argomenti a suo tempo sollevati dal parlamentare ligure Maurizio Rossi (Gruppo Misto - Liguria Civica) e sostanzialmente fatti propri dall'ex presidente dell'Autorita' portuale genovese Luigi Merlo.
Rossi sosteneva tre cose: le concessioni vanno messe a gara, occorre certezza di calcolo dei canoni minimi, servono garanzie sull'effettiva realizzazione degli investimenti e della loro ricaduta sui livelli occupazionali. Partendo da qui, Merlo si rivolse al ministero chiedendo i necessari chiarimenti, tanto più trovandosi di fronte specifiche richieste di prolungamento delle concessioni già operanti.
Una posizione di correttezza sostanziale e istituzionale, quella di Merlo - nel frattempo divenuto consulente del Mit - che non ha avuto riscontri in molte altre Autorità italiane, comprese quelle delle vicine Savona e Spezia, dove invece le concessioni sono state prolungate, a volte fino 30 anni e oltre, senza attendere l'arrivo del nuovo regolamento. E sebbene la loro scadenza distasse anche cinque anni, dunque senza alcuna oggettiva urgenza di rinnovo.
Com'è avvenuto tutto ciò? Semplice: il titolare della concessione presentava la richiesta, l'istanza veniva resa di dominio pubblico e trascorsi sessanta giorni se nessuno si faceva avanti per ottenere quel cespite la pratica andava a buon fine a favore del concessionario.
Una fuga in avanti che ha consentito di aggirare l'appuntamento normativo, in punta di diritto forse inattaccabile, ma politicamente in modo discutibile. Ora, invece, il Consiglio di Stato - e il pronunciamento può fare giurisprudenza anche in altri ambiti, quali le concessioni per le autostrade, le spiagge o le frequenze televisive - dice con chiarezza che la via maestra da seguire è quella della gara e che nel regolamento vanno previsti i criteri per stabilire subito i canoni minimi. Questo, altra stoccata della magistratura amministrativa, perché continua a esserci "una discrezionalità troppo ampia da parte delle Autorità portuali".
Siccome non si tratta di una bocciatura, il Mit avrà la possibilità di integrare e migliorare il testo - che pure aveva avuto il benestare dell'Ue - ma i tempi di arrivo del regolamento si allungheranno e, comunque, resta il pasticcio di una vicenda che probabilmente si sarebbe potuta affrontare da subito con più trasparenza e, alla fine, semplicemente con più buon senso.
Ovviamente non si tratta di andare a penalizzare gli attuali concessionari, che possono tranquillamente concorre per vedersi confermato l'utilizzo delle banchine, ma di seguire regole grazie alle quali prevalgano gli interessi pubblici e, nello specifico, quelli delle comunità interessate.
Il diritto al giusto profitto dei concessionari, cioè, deve sposarsi con quello dei cittadini, ai quali è in capo, attraverso il demanio, la proprietà degli spazi utilizzare per svolgere le attività imprenditoriali private. Tutto qui.
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Concessioni in porto, su gare e canoni il buon senso del Consiglio di Stato
Regolamento rimandato: troppa discrezionalità per le Autorità
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