Incredibile come Massimo Ferrero, il presidente senza azioni, e Antonio Romei, il direttore generale senza carica, siano riusciti a portare sul ciglio del disastro una squadra che, ereditata con robusta dote economica di avviamento dai Garrone, alla fine del girone di andata dello scorso campionato era degna del terzo posto.
Tre sessioni di mercato sono bastate per smantellare – senza neppure, parrebbe, lucrare troppo - un organico allora compatto e competitivo, oggi fatto in gran parte di prestiti secchi (Dodò, Ranocchia), ultratrentenni (Quagliarella, Cassano, Palombo), promesse tutte da mantenere pagate carissime (Correa, Muriel, Fernando e Bonazzoli costati, pare, più di trenta milioni), più la scommessa Eto'o rivelatasi un clamoroso boomerang di immagine.
Preso un allenatore come Zenga, da cinque anni negli Emirati, lo si delegittimava subito esibendogli i tweet dei tifosi, sostituendolo poi con un Montella rivelatosi inadeguato a lottare per la salvezza da subentrato. Il capolavoro della cessione invernale di Eder, in quel momento il miglior uomo in rosa, e di Zukanovic che era il meno peggio della difesa, creava le premesse per un finale terrificante, con la retrocessione scampata soltanto grazie alla pochezza di Carpi e Frosinone.
Ma l'esito rovinoso sembra rinviato di un solo anno, se il duo al comando non impara la lezione, cambiando completamente registro. Chiarezza, innanzitutto: Romei va persino alle feste dei club, quindi assuma la carica formale che abbina poteri a responsabilità. Ferrero abbandoni il personaggio che gli ha dato facile popolarità, a spese della storia austera e sobria della società che gli è stata regalata, dimostri doti imprenditoriali finora almeno nel calcio solo autocertificate, con ben pochi risultati. Ridia corrispondenza tra parole e fatti, diversamente da quanto accaduto prima del mercato di gennaio, quando dopo aver detto "ho imparato la lezione, fu un errore cedere Gabbiadini", si è ripetuto con Eder.
Non smerci per esempio come sommo sforzo in proprio un'operazione su mutuo contratto a carico della società, mancando di rispetto ai predecessori con frasi come "Quando siamo arrivati alla Samp non c'era niente, il deserto era una cosa bella". Veda di non lasciarcelo lui, il deserto. I sampdoriani gli sarebbero grati.
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Sampdoria tra le macerie, cronaca di un disastro annunciato (in estate)
Tre sessioni di mercato per smantellare una squadra
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