cronaca

I retroscena del pugile americano a Genova
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Muhammad Ali è morto nella notte in un ospedale di Phoenix, in Arizona. Il segno lasciato dallo sportivo più amato di tutti i tempi è indelebile, e lo è soprattutto nella mente di chi lo ha incontrato personalmente.

L'ex Cassius Clay, che aveva lasciato la boxe nel 1981, era stato in ospedale diverse volte negli ultimi anni. L'ultima nel gennaio 2015, per una grave infezione alle vie urinarie, sebbene in un primo momento gli fosse stata diagnosticata una polmonite. Pochissime da anni le sue apparizioni pubbliche, e nelle più recenti era apparso sempre più sofferente e fragile. Anche l'ultima volta, lo scorso 9 aprile, quando aveva voluto partecipare alla 'Celebrity Fight Night' a Phoenix, un evento annuale che è anche occasione per una raccolta fondi a favore della ricerca contro il Parkinson.

Era tuttavia in evidenti difficoltà fisiche, sorretto per tutto il tempo e con il viso nascosto dietro un paio di occhiali scuri. Prima di allora aveva preso parte ad un tributo a lui dedicato nella sua città natale, Louisville in Kentucky. Il morbo di Parkinson di cui soffriva fu palese al mondo per il tremore delle mani mentre accendeva la torcia olimpica nel 1996, ai Giochi di Atlanta. Eppure Muhammad Ali era rimasto attivo a lungo come figura pubblica. Nonostante la sofferenza soltanto negli ultimi anni si era del tutto ritirato a vita privata. Alcuni esperti sostengono che la malattia possa essere stata causata dai colpi presi sul ring nel corso della carriera.

La sua traccia resta indelebile, non solo in quanto sportivo e campione, ma anche come una delle personalità più rilevanti e influenti del ventesimo secolo, forse una tra le figure oggi più riconoscibili in tutto il mondo. Nato Cassius Marcellus Clay Jr., cambiò il suo nome in Muhammed Ali nel 1964, dopo essersi convertito all'Islam.
Divenne un simbolo per il movimento di liberazione dei neri negli Stati Uniti durante gli anni '60, anche per aver sfidato il governo americano, opponendosi all'arruolamento nell'esercito per motivi religiosi. E' stato sposato quattro volte e ha nove figli.

Luciano 'Zeffirino' Belloni, noto ristoratore e organizzatore di incontri di boxe, ha conosciuto Ali personalmente, e ne ha parlato al direttore di Primocanale Giuseppe Sciortino, a cui ha rivelato alcuni retroscena sul menù preferito dall'ex Cassius Clay.

Luciano, come hai conosciuto Muhammad Ali e cosa ti ha colpito di lui?


"L'ho conosciuto per la prima volta quando c'è stato il match Benvenuti-Griffi al Madison Square Garden di New York. Poi l'ho incontrato quando ha fatto altri match mondiali. Poi con Sabatini l'abbiamo invitato in Italia, ed è venuto a Genova. In quell'occasione ha fatto esibizioni con i campioni d'Italia Baldini e Barucci"

Cosa ci resta umanamente di Muhammad Ali? Perchè è lo sportivo più amato di tutti i tempi?

"Non era solo l'uomo dei pugni. Aveva un cuore e una religione, voleva che tutti fossimo uguali. Quando è stato per dieci giorni nel ristorante da noi a pranzo e cena amava mangiare gli spaghetti al ragù alla bolognese. Per lui cucinavamo 300 grammi di spaghetti, mezzo chilo di ragù, e sei polpette di ragù. Uno spaghetto di un chilo. Era un personaggio mite, la sua forza non era cattiva. Il pugilato si chiama noble art. Tutti volevano fare la foto. C'era un cliente inglese che voleva picchiarlo a tutti i costi. Ali sorrideva guardandolo. Io e mio fratello dopo due o tre volte l'abbiamo portato giù dalle scale dicendogli 'ora piantala perché se s'incazza ti dà una cartella e ti ammazza'. Ho conosciuto tanti pugili, ma lui aveva qualcosa di speciale. Ma in quel periodo venivano in tanti da noi. All'ultimo match qui a Genova, Rosi-Thomas, abbiamo allestito a bordo ring una tavolata con le trofiette al pesto mentre i pugili boxavano. C'erano anche Vialli, Mancini e Dossena. Ci sono tante storie legate a quel mondo e quel periodo. Gli anni più belli della mia vita".

In base alla tua esperienza con lui cosa resterà di lui nella vita di tutti i giorni?

"L'immagine di una persona che vuole fratellanza e dove non ci sono colori diversi. Spero che questa europa unita rimanga in piedi. Lui lo avrebbe voluto. Ci vuole la bontà di tutti, io sono un ex emigrante come siamo in tanti. Dovevamo andare in Argentina ma poi siamo rimasti a Genova. Lavorando e sacrificandoci ci siamo sparsi ovunque nel mondo. Ma il nostro successo deriva dalla famiglia, cosa che voleva anche Ali: pace e fratellanza".