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Di tutte le scelte quella del sindaco è la più complicata
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Come si fa a trovare candidati “ giusti” per le decisive battaglie nei Comuni, che sono chiamati a eleggere i nuovi sindaci? Ora che il turno elettorale di questo giugno piovoso e litigioso sta entrando nella fase decisiva del responso, noi genovesi siamo ancora più urgentemente pressati a pensare al “nostro “ futuro sindaco, da scegliere tra un anno.

In realtà i tormenti per trovare il candidato sono già incominciati da tempo e non solo intorno a Doria, galleggiante tra la sua voglia di fare il bis e lo stop al suo secondo tentativo.

La crisi della rappresentanza politica e, quindi, della ricerca di candidati spendibili riguarda tutti, nessuno escluso, perfino i 5 Stelle e le loro un po' supponenti pretese di risolvere on line la questione con qualche clic in più.

Si è visto cosa è capitato con la loro prima candidata milanese, rapidamente silurata.

In realtà è tutto il sistema della rappresentanza politica, e non solo, che è in grandissima difficoltà. La maggior parte degli onorevoli e dei senatori sono dei nominati, il primo ministro Renzi non l'ha eletto nessuno, i nostri ministri liguri, Pinotti e Orlando, sono scelti come parlamentari dai vertici di partito.

Allora si può immaginare come sia difficile scegliere chi corre in un sistema più vasto della politica, che è in permanenza a caccia di investiture difficili e complicate. Fermandosi nei nostri angusti confini c'è poco da essere soddisfatti. Sarà per colpa delle nuova legge, ma quanto ci mettiamo a trovare un presidente del Porto, levando dalle ambascie l'ammiraglio Pettorino, prorogato praticamente sine die?

E gli imprenditori sono già in crisi all'idea di trovare il successore di Zampini per Confindustria Genova. Il prossimo presidente della Camera di Commercio, dopo le riconferme da record di durata del buon Paolo Odone, è uno di quei rebus sui quali la città si attorciglia, con il sospetto ( nostro) che così vada bene a molti ( o a pochi), che vogliono gestire le successioni in casa loro e non per il bene della città.

Ma di tutte le scelte quella del sindaco è la più complicata, la più spinosa perchè non c'è ruolo carico di difficoltà, ma anche più rappresentativo del popolo, se vogliamo usare questo termine un po' ottocentesco. Oggi diremmo “rappresentativo della gggente”, con la tripla g alla romana, per strascicare il concetto onnicomprensivo della maxidelega che il primo cittadino si becca sulle spalle.

Invidiamo senza vergogna Milano, che sta scegliendo tra Sala e Parisi e quasi vorremmo che ci mandassero il perdente per Genova. Allora sì che voteremmo per una “nomina” diretta.

Non invidiamo le selezioni grilline, che ci paiono sempre un po' oscure e sulle quali anche loro stanno incominciando a introdurre modifiche con implicite autocritiche.

Molto francamente, non ci fidiamo molto dei partiti o di quel che resta delle loro macchine organizzative, perchè hanno prodotto pasticci in serie negli ultimi turni elettorali. Il Pd dopo la Vincenzi si è incartato in tal modo in quelle Primarie del 2012 che poi si è fatto karakiri, provocando la sorpresa Doria. Il centro destra è incapace da decenni a scovare nella società genovese un leader per quel ruolo.

Le ultime scelte sono state fatte tutte a perdere, con l'alibi anche conclamato che “tanto i genovesi votano a sinistra”. E così negli ultimi venticinque anni scelsero prima uno sconosciutro medico leghista Enrico Serra, poi una ex vecchia gloria come l'indimenticabile Rinaldo Magnani, poi per poco non gli riuscì il colpaccio con il “Masaniello” Sergio Castellaneta, il popolare postleghista, poi si affidarono all'inquieto Enrico Musso, sbucato nel cilindro di Scajola e, infine, all'ex scudiero dello stesso Scajola, Pierluigi Vinai. Tutte sconfitte, qualcuna senza neppure giocare la partita.

Neppure la strada “civica”, di liste non apparentate in partenza con i partiti, ha dato risultati, salvo quello di riportare al ballottaggio nell'ultimo caso lo stesso Musso, riciclatosi fuori da Forza Italia, sconfitto inesorabilmente da Doria.

Oggi tutto appare un po' cambiato nello scenario, a partire proprio da quel concetto di rappresentanza pubblica, non solo politica, che modifica il rapporto dal basso all'alto dei cittadini elettori, dei consociati, degli iscritti alle Associazioni di categoria. E' proprio vero che siamo diventati una società molto più “liquida”, nella quale l'idraulica porta l'acqua fuori dai tubi tradizionali.

Sevono altri meccanismi per scegliere i leader,
i candidati proponibili mentre i partiti si ritirano, si picchiano con le Primarie o con altri metodi selettivi, mentre le associazioni si arrovellano e, dopo l'ora dei manager, tentano di tornare a altri criteri di più chiara identità professionale.

Il presidente degli industriali deve essere un imprenditore, non un dirigente, un manager......

Nell' ultima trasmissione di Macaja abbiamo chiesto brutalmente a Gian Enzo Duci, superpresidente nazionale degli Agenti marittimi, presidente del Teatro Stabile, trentenne ultra rappresentativo, se avrebbe accettato di fare il candidato sindaco. Ha risposto secco di no. Potremmo chiederlo a molti altri.

Potremmo mobilitare la società civile, più o meno liquida, per estrarre nomi, ipotesi, soluzioni non certo per appropriarci di una delega che tocca ai cittadini, ma per dare una mano a risolvere un problema
che la modernità, l'evoluzione della nostra democrazia, sotto i colpi delle ultraconnessioni e del dilagante potere social, ha profondamente modificato.

E' una scommessa, ma vale la pena di puntarci per il bene comune e della città.