Si potrebbe dire: tanto tuonò che piovve. In realtà sulla Liguria degli affari piove da tempo e il trasloco da Genova a Barcellona del Myba Charter Show è solo l'ultimo scroscio. La manifestazione richiamava Paperoni da tutto il globo e garantiva presenze turistiche di alta qualità, ad onta del basso profilo scelto dal punto di vista mediatico. Ma gli operatori del settore e dell'industria turistica ben sanno di che cosa si trattasse e quale perdita sia, considerando che i facoltosi frequentatori della rassegna approfittavano dell'evento per poi soggiornare anche intere settimane nell'una o nell'altra Riviera.
Leggendo la notizia su Primocanale.it mi sono imbattuto nel commento di un anonimo protagonista del Myba che contesta l'incapacità genovese e ligure di "fare lobbismo politico". È certamente vera anche questa cosa, vista la disarticolazione della pattuglia parlamentare e delle istituzioni locali, lo scarso peso specifico dei due ministri in carica e il disinteresse storicamente diffuso dei governi, ultimo quello guidato da Matteo Renzi.
Ma oggi, se si mette Genova in competizione con Barcellona e Nizza (c'era pure la capitale della Costa Azzurra fra le candidate a ospitare il Myba) la partita non riesce neppure a giocarla. E mica perché Genova sia meno bella, accogliente e suggestiva delle altre due città europee. Macché. Semplicemente, arrivare a Genova e ripartirne, analogamente al resto della Liguria, è un rompicapo. Non raramente un'odissea.
La chiave della vicenda, infatti, va colta nel comunicato con cui la Worldwide Yachting Association spiega le ragioni del trasloco: Barcellona si fa preferire per la maggiore accessibilità, frutto anche di voli giornalieri da 182 destinazioni è un aeroporto che dista 25 minuti di auto dal porto.
Ora, il "Colombo" dista dal Porto Antico forse persino meno di quei 25 minuti, ma di sicuro non ha collegamenti eguali a quelli di Barcellona. E peggio ci si sente se si prova a offrire un trasporto alternativo, per ferrovia o autostrada. Il Myba, dunque, se ne va per le stesse ragioni che sconsigliano vivamente qualsiasi investitore a mettere piede a Genova o in altra località della Liguria: il capoluogo e la sua regione sono irrimediabilmente isolati dal resto del mondo.
Una volta di più vengono al pettine nodi storici quali il Terzo Valico, la Gronda, il raddoppio ferroviario del ponente ligure, la Prontremolese, un'autostrada insufficiente, un'Aurelia inadeguata, collegamenti con Roma insufficienti, un aeroporto genovese perennemente in mezzo al guado della privatizzazione mancata e uno scalo di Albenga del quale si è addirittura perduta la memoria.
Da anni se ne discute, qualcosina ina si è mosso ad andamento assai lento, tutto rimane appeso alla favola che non ci sono soldi per i progetti definitivi, figurarsi per aprire dei cantieri. E vabbene, parliamo di grandi opere che richiedono tempo (ma quanto ne è trascorso inutilmente) e denaro. Ma qui o si mette mano all'emergenza o Genova e la Liguria vivranno altri casi Myba. Cioè: non solo non attireranno nuovi investimenti, perderanno pure quelli esistenti.
Dunque riesce difficile comprendere perché sia caduto nel vuoto l'appello di Maurizio Rossi, senatore ligure della Repubblica, che sull'argomento pesta da anni e ha chiesto una cosa persino banale: "Mentre aspettiamo che le grandi opere si compiano, bisogna subito ottenere collegamenti veloci con Milano e Roma e mettere l'aeroporto in condizione di avere più e migliori collegamenti".
Ecco, è qui che salta fuori l'incapacità genovese e ligure di fare lobbismo politico, anche di fronte all'evidenza dei fatti. La voce di Rossi, a parte qualche iniziativa in sintonia del governatore ligure Giovanni Toti, è rimasta isolata. Dunque arriva fioca o non arriva per niente.
È troppo chiedere che su questo tema cruciale e vitale tutti mettano da parte la logica dell'appartenenza e come un sol uomo si adoperino per dare a Genova e alla Liguria il minimo sindacale dei collegamenti? Alla realizzazione delle grandi opere, ammesso che venga giorno in cui si possano vedere, i liguri vorrebbero arrivarci ancora vivi.
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