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Vince il centrodestra unito, Roma e Torino traino per i grillini
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Flash dai ballottaggi elettorali. Dei 25 Comuni capoluogo andati al voto, il centrodestra ne conquista 10 e il centrosinistra 9, mentre 3 vanno al Movimento 5 Stelle e altrettanti a rappresentanti di Liste Civiche. Rispetto alla tornata precedente è un sovvertimento epocale, considerando che il centrosinistra un po' ovunque aveva "asfaltato gli avversari".

Il risultato più clamoroso è quello di Torino, dove l'M5S con Chiara Appendino ribalta il Pd e il sindaco uscente Piero Fassino. Per dimensione del successo, anche Roma va oltre le previsioni: Chiara Raggi, infatti, doppia l'antagonista Roberto Giachetti. È il segno di una tendenza: i "grillini" vincono 19 dei 20 ballottaggi nei quali erano impegnati.

Di rilevanza nazionale l'esito di Savona: con Ilaria Caprioglio, il centrodestra sovverte completamente le posizioni di partenza, che vedevano la "piddina" Cristina Battaglia nettamente al comando.
Così dopo 22 anni il centrosinistra perde la tolda di comando e ciò sebbene abbia avuto contro tre ministri - Maria Elena Boschi, Andrea Orlando, Roberta Pinotti - più tutta la schiera dei renziani della prima, seconda e terza ora.

Riflessioni conseguenti. Matteo Renzi salva la pelle a Milano, ma con modesta soddisfazione: il suo candidato, Beppe Sala, l'uomo dell'Expo, batte lo sfidante di centrodestra Stefano Parisi di misura. In vista del referendum costituzionale il premier ha molto su cui ragionare e molto da temere. Il rischio che gli italiani lo consegnino alla vita privata ora è altissimo.

Non è festa neppure per il leader leghista Matteo Salvini. Già sconfitto a Roma, dove appoggiava Giorgia Meloni, impallinata dalla mossa di Silvio Berlusconi che invece si è schierato con Alfio Marchini (tutti fuori al primo turno), a Milano non incide fino alla vittoria e perde Varese, un risultato choc per la storia del Carroccio.

Giovanni Toti, il governatore della Liguria, suona invece la grancassa. Il suo modello - centrodestra unito - gli ha permesso di imporsi nelle regionali dello scorso anno, trova una probante conferma a Savona, a Milano (sconfitta mai fu più dolce, viste le premesse) e ovunque la coalizione si sia presentata coesa agli elettori. Inoltre, e non secondario, ha la plastica dimostrazione che il moderatismo paga, mentre gli eccessi salviniani sono buoni per i comizi e il teatrino mediatico, ma il riscontro elettorale è asfittico.

Per Toti il risultato è ossigeno puro guardando alle sue aspirazioni di leadership nazionale.
E pazienza se in prima fila con lui c'è adesso anche Parisi. Le urne dicono che il governatore ligure la partita per il vertice del centrodestra se la può giocare fino in fondo. Anche se tatticamente, per paradosso, gli converrebbe che a ottobre Renzi la sfangasse. Immaginate quale forza avrebbe se prima delle politiche a scadenza naturale (2018) Toti portasse a casa anche La Spezia e soprattutto Genova.

A proposito del voto con vista sul capoluogo ligure, riflesso in particolare da Savona, un dato emerge su tutti: le "renzate" non sono un alibi sbufficiente a spiegare la debacle del Pd.
Che la stella del premier sia in calando è certo, visto che il collante "contro di lui" riusce a mettere insieme anche le forze più lontane. Ma il Pd locale ci ha messo e ci sta mettendo moltissimo del suo. Ondivago e insicuro, soprattutto preda delle lacerazioni interne, o il Pd è capace di una svolta che al momento non è neppure all'orizzonte oppure sotto la Lanterna andrà pesantemente allo sbaraglio.

Potrebbe cioè accadere che al ballottaggio il centrosinistra neanche ci arrivi, stretto fra il centrodestra in stile "totiano" e il M5S in grande spolvero. C'è chi ha la tentazione di appellarsi a un secondo giro di Maro Doria, il sindaco attuale, ma la vittoria di De Magistris a Napoli e l'appoggio leale di Pisapia a Sala a Milano non sembrano segnali abbastanza forti. Anche la stagione degli "arancione" sembra volgere al termine.

Piuttosto, per concludere, bisognerà guardare con grandissima attenzione a ciò che faranno Raggi a Roma e Appendino a Torino. Le loro prime parole sono state di grande profilo istituzionale e per nulla inclini al tanto temuto estremismo grillino. Se le mosse amministrative della fase iniziale fossero vincenti e convincenti potrebbero risultare un traino straordinario anche per il Movimento in salsa genovese. Comunque, per la politica nazionale come per quella locale, il tripolarismo ormai è cosa fatta.