cronaca

La lite sulla mancata seduta congiunta di Comune e Regione
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Questa polemica esplosa sulla mancata celebrazione di una seduta congiunta del consiglio comunale di Genova e del consiglio regionale ligure sul caso dei licenziamenti annunciati da Ericsson ha un che di surreale. Mentre 147 lavoratori rischiano il posto e si aspetterebbero dalle istituzioni un appoggio concreto nella loro battaglia, la politica non trova di meglio che mettersi a litigare furiosamente sulla nulla.

Perché del nulla stiamo parlando. In che cosa si risolverebbe, infatti, quel rito? Quale proposta operativa ne scaturirebbe, in totale assenza di un annuncio - questo sì utile - a proposito di una possibile soluzione pratica, o di una iniziativa tale da poter essere recepita dal governo e gettata sul tavolo della vicenda anche in modo unilaterale?

Siccome niente di ciò si scorge, diventa fondato il dubbio che quella seduta congiunta porterebbe il vuoto bla-bla già tante volte visto e ascoltato, riducendosi a mera passerella di buone intenzioni, di cui sono lastricate tante altre storie simili finite male, e a palestra dialettica utile perché ogni partito possa prendere verbalmente a calcioni gli avversari, presentando se stesso come unica vestale della politica con la maiuscola.

Per carità, si può capire il valore simbolico di certi gesti, ma allora è difficile dar torto al governatore Giovanni Toti quando dice che un evento del genere, per la sua rarità, non può essere speso su un caso singolo, quando i casi, purtroppo, sono tanti, se mettiamo in fila Ilva, Banca Carige, Selex e via elencando.

La politica litiga, si sprecano accuse e controaccuse, ma intanto Ericsson va per la sua strada. Che è quella dei tagli. Ovviamente le istituzioni locali si aspettano che in una simile vertenza sia il governo a prendere il pallino in mano e questa aspettativa ha un suo fondamento. Ma finora si è rimasti a pelo d'acqua, polemizzando inutilmente anche sul fatto che l'azienda stia rifiutando tutti i tavoli di confronto, compresi quelli ministeriali, e prendendo atto che Genova, nelle sue diverse declinazioni istituzionali e politiche, non riesce a incidere in alcun modo sull'atteggiamento dilatorio di Palazzo Chigi.

Pure qui, però, c'è un difetto di capacità propositiva. Dicono i sindacati: Ericsson afferma di voler concentrare il suo business in Italia sulla banda ultra larga e sul cosiddetto "5g", operazioni sulle quali il governo investirà almeno 7 miliardi di euro. "Può almeno pretendere che vengano coinvolte aziende che mantengono l'occupazione".

Eccola, allora, una possibile proposta-richiesta: nel fissare i criteri per partecipare all'utilizzo dei quei 7 miliardi, si stabilisca che sono escluse quelle società che tagliano i loro organici non per oggettive difficoltà sul mercato, ma sol perché i profitti - i profitti, è chiaro? - non sono in linea con le attese. Anche la fin qui sorda Ericsson potrebbe improvvisamente ritrovare l'udito, finalmente accettando un negoziato vero.

Per fare ciò non serve una seduta congiunta del consiglio comunale e di quello regionale. Né servono le liti di queste ore. Basta una lettera di poche righe, sottoscritta dal sindaco Marco Doria e dal governatore Giovanni Toti. Meno enfasi e più concretezza. I cittadini-lavoratori questo chiedono e si aspettano. Il resto è fuffa.