E' quanto ha sostenuto il difensore dell'ex sindaco di Genova Marta Vincenzi, l'avvocato Stefano Savi, nel corso della arringa nel processo per i fatti dell'alluvione del 4 novembre 2011 in cui persero la vita due bimbe e quattro donne. Dopo quasi sette ore di discussione, Savi ha chiesto l'assoluzione per la Vincenzi. Il pm Luca Scorza Azzarà aveva invece chiesto la condanna a sei anni e un mese.
"Quando al centro operativo (Coc) iniziarono ad avere le informazioni - sostiene Savi - la macchina si attivò in modo completo, ma ormai era troppo tardi. Se dal territorio fossero arrivate le informazioni già dalle 10.15, quando iniziò a piovere più forte, allora si sarebbe potuto fare qualcosa. Ma quelle comunicazioni importanti non arrivarono se non due ore dopo. E il sindaco non può essere responsabile di quella mancata comunicazione".
Insomma, gli strumenti c'erano, il piano operativo era stato aggiornato con quanto detto dalla protezione civile nazionale, ma non venne eseguito correttamente per colpa di chi stava nei posti a rischio. "Quale consiglio in più poteva essere dato? Cosa poteva essere fatto di più? Nulla, perché era stato fatto già tutto il possibile".
Per quanto riguarda il falso verbale in cui, per sostenere la tesi della bomba d'acqua improvvisa, fu indicata la presenza di un volontario sul corso d'acqua che poi esondò, Savi ha sostenuto che "la Vincenzi seppe della bomba d'acqua nel pomeriggio, le venne data quella versione e la prese per buona. E quella versione l'ha sempre ripetuta proprio perché credeva che fosse vera, che le cose erano andate in quella maniera. Per questo ci mise la faccia andando anche in televisione".
Nel processo oltre all'ex sindaco sono imputati l'ex assessore comunale alla protezione civile Francesco Scidone, i dirigenti comunali Sandro Gambelli, Gianfranco Delponte e Pierpaolo Cha e l'ex coordinatore dei volontari Roberto Gabutti. Le accuse sono di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, falso e calunnia. Gabutti è accusato solo di falso e calunnia.
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