cronaca

Sei vittime, un processo in corso e una ferita ancora aperta
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Cinque anni sono pochi per rimarginare certe ferite. Ma sono anche troppi per chi è stanco di piangere altre morti, altra devastazione. Il 4 novembre 2011 il Fereggiano si prese tutto: la strada, i negozi, le case e soprattutto la vita di sei persone. Un rio modesto, che nasce a Quezzi e attraversa Marassi sotto l'asfalto, ha segnato per Genova un giorno nefasto.

Poco prima dell'una, accade l'irreparabile. Gonfio di pioggia torrenziale e di fango che precipita sul cemento, il corso d'acqua esplode. In via Fereggiano ci sono Angela Chiaramonte, Shpresa Djala con le figlie Gioia e Gianissa, Serena Costa ed Evelina Pietranera. Tutte donne, tutte morte in modi diversi, tutte sopraffatte dalla forza della piena. Poco dopo è il Bisagno a tracimare: Borgo Incrociati, Brignole e la parte bassa di via Venti finiscono a bagno, come la zona di piazzale Adriatico, a Molassana. Innumerevoli i danni.

Le alluvioni sono ferite che rimangono aperte. Non fu la prima e neanche l'ultima, ma da allora qualcosa è cambiato. Anzitutto, la consapevolezza. All'epoca dire 'Allerta 2' significava tutto e niente. Oggi c'è un sistema nuovo e, polemiche a parte, l'attenzione è più alta. Sono partiti i lavori dello scolmatore, che dovrebbe almeno mitigare i rischi sul Fereggiano. E nel 2020 il Bisagno avrà una nuova copertura finale, più ampia. Non è tutto, forse non è abbastanza, ma è qualcosa.

Si attende poi la sentenza per Marta Vincenzi e gli altri imputati nel processo per omicidio colposo plurimo, disastro e falso. Per l'ex sindaco sono stati chiesti 6 anni e un mese. Anniversari che si sommano: a Firenze sono cinquant'anni, stessa data, ironia della storia. Ma la Liguria ha fatto delle alluvioni il suo triste mantra. E ogni ricorrenza è una preghiera per non doverne celebrare altre.