Dallo scorso giugno a oggi, le rotture sono state diciannove. E fu proprio alla fine di quello stesso mese che, di fatto, Iren presentò ai genovesi le proprie scuse per le condotte idriche colabrodo della città. Naturalmente vennero promessi più investimenti per ristrutturare la rete, ma da allora, appunto, la cosa che si è vista di più sono stati guasti (in alcuni casi addirittura spettacolari, come quello, fra i più recenti, in piazza Dante).
Oddio, parole molte, anche per il determinante contributo al bla-bla da parte dell'assessore comunale all'ambiente Italo Porcile, ma fatti pochini. È vero che Iren ha ereditato l'acquedotto genovese con tutte le sue falle, ma questa non è più una giustificazione praticabile: è passato abbastanza tempo per dire che l'azienda avrebbe potuto fare molto di più per impedire il rosario dei guasti, con il corollario dei relativi disagi a carico dei genovesi. I quali, peraltro, in bolletta hanno a carico anche una quota che dovrebbe essere destinata proprio alla costante manutenzione delle condotte. E al loro potenziamento.
Ma ormai si sa, nel tempo aziende tipo di Iren hanno acquisito una tale forza che è tracimata nell'arroganza. Ora si parla di una task-force di otto persone dedicata proprio ai guasti e di lavori che saranno realizzati nei punti più critici. Vedremo. A sentire molti consiglieri comunali genovesi, infatti, il rapporto fra Tursi e Iren risulta logorato proprio dagli atteggiamenti del management, spesso, troppo spesso sordo alle pur esplicite richieste di chiarimento che riguardano non solo le condizioni di salute della rete.
Massimiliano Bianco, l'amministratore delegato, è solo l'ultimo esponente di questa genia di top manager che sono dipendenti pubblici ma si atteggiano padroni del vapore. Anche se nel caso di Iren, il padrone, la proprietà per dirla con più eleganza, in realtà è Palazzo Tursi, maggiore azionista insieme alle municipalità di Torino e Reggio Emilia. E allora, quando un consiglio comunale, o singoli consiglieri comunali, chiede lumi, la risposta da parte di un'azienda controllata dovrebbe essere d'obbligo e celere. Se non avviene, è per una arroganza che deriva anche dal fatto che la politica continua a essere troppo debole. Ma il conto non può pagarlo sempre e soltanto il cittadino.
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Iren, l'acquedotto colabrodo e l'arroganza delle (in)controllate
Solo a Genova, 19 rotture in meno di sei mesi
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