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Assenti i consiglieri Ncd, Toti: "Specchio del Paese"
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Il Consiglio regionale monotematico straordinario organizzato stamani a Genova per discutere del referendum costituzionale del 4 dicembre ha visto il Partito Democratico, unico sostenitore del 'sì' vista l'assenza giustificata in aula del gruppo Area Popolare-Ncd, 'circondato' da tutte le altre forze politiche schierate per il 'no': centrodestra, M5S e Rete a Sinistra.

"Il Consiglio regionale della Liguria è lo specchio di un Paese dove il Pd e il Governo Renzi hanno fatto diventare la riforma costituzionale il primo punto della loro azione esponendo se stessi il 4 dicembre al giudizio degli elettori, che nel sentire del Paese, più che nei sondaggi, è negativo. Solo Pd e Ncd sono per il sì -sottolinea il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti - La maggior parte delle forze politiche del Consiglio regionale sono contrarie alla riforma. Il 'no' espresso dal centrodestra è costituente e costitutivo di una nuova alleanza, per costruire una piattaforma politica alternativa a quelle di Renzi e Grillo, candidandosi a tornare alla guida del Paese". 

Nel rispetto della par condicio le quattro ore di discussione disponibili sono state suddivise in due ore per parte, da un lato 7 consiglieri favorevoli del Pd, dall'altro i 22 contrari, compreso il presidente dell'assemblea Francesco Bruzzone nella veste di consigliere regionale della Lega Nord: "mai successo prima" ha commentato il vicepresidente Pippo Rossetti (Pd) sostituendolo alla guida dell'assemblea.

Assente per impegni politici il capogruppo Area Popolare-Ncd Andrea Costa: il suo partito a Roma sostiene il Governo Renzi mentre a Genova sostiene la giunta Toti. "Sulla carta il 70% delle forze politiche sono contro alla riforma, noi il referendum l'abbiamo già vinto visti i sondaggi, sulle spalle del Pd c'è il peso di essere riformatori - commenta il consigliere Giovanni Barbagallo (Pd) - Un voto per semplificare la governance del Paese, velocizzarlo e ammodernarlo a dispetto delle convergenze dall'estrema sinistra all'estrema destra, dettate dalla volontà di esprimere un giudizio politico per bocciare il Governo Renzi, senza entrare nel merito della riforma".

"E' stata fatta dalla direzione del Partito Democratico una violenza alla Carta costituzionale - replica Angelo Vaccarezza (Forza Italia) - da un Governo non eletto da nessuno. La Costituzione non è un programma elettorale che un partito fa per restare al potere, sono le regole del gioco, l'obiettivo della riforma è consentire a Renzi di restare alla presidenza del Consiglio nel 2018, voterò no perché ho il maledetto vizio di voler scegliere chi mi governa".

"La nostra economia ci guadagna se una Camera fa leggi in 70 giorni anziché in 300, il partito unico da 'il Manifesto' a Casapound non lo capisce, - commenta Pippo Rossetti (Pd) - ci saranno 315 posti di Senatori in meno nel nostro Paese, voto sì perché sono cose che chiediamo da quarant'anni".

"Una riforma fatta da una minoranza in un parlamento delegittimato dalla stessa Corte Costituzionale spaccando il Paese" attacca il capogruppo di Rete a Sinistra Gianni Pastorino: "Non è una riforma democratica, crea un Senato di nominati che diventerebbe una camera con un continuo valzer di poltrone tra consiglieri regionali e sindaci" converge il capogruppo della Lega Nord Alessandro Piana.

"Il 4 dicembre sarà un voto sulla Costituzione, non sul Governo Renzi - evidenzia Juri Michelucci (Pd) - si vota per migliorare la parte organizzativa della nostra Carta mantenendo inalterati i principi fondamentali, per dare velocità e certezza al nostro sistema democratico".

"Una schiforma, - la definisce Alice Salvatore (M5S) - tutti gli italiani devono sapere che è un referendum senza quorum, andate a votare, per dire 'no' a un Senato di cento nominati"