È davvero singolare che Romano Prodi faccia un bagno di folla ad ogni suo ritorno a Genova. Sembra quasi di dover affermare che nei confronti dell'ex premier la città sia preda della Sindrome di Stoccolma. La vittima, cioè, che s'innamora del suo carnefice. Perché la storia dice esattamente questo: Prodi è stato l'uomo che svenduto Genova, quando fu presidente dell'Iri ('82-'89 e ancora '93-'94) e condusse una pesante stagione di privatizzazioni che coinvolse non solo il capoluogo ligure, ma anche Trieste, Napoli e Taranto, le altre capitali dell'industria di Stato.
Che alcune cose andassero rimesse a posto non vi è dubbio, considerando il carrozzone che era diventato l'Iri e certe pessime abitudini lottizzatorie - anche molto terra terra - dentro le singole aziende controllate dal colosso pubblico. Ma certo quello scelto da Prodi (epigono di Beniamino Andreatta e Carlo Azeglio Ciampi) fu il modo più discutibile.
Lui rivendica quella stagione con orgoglio, a Genova ha conservato molti amici - per tutti l'ex governatore Claudio Burlando e il papà di Esaote, Carlo Castellano) - e ogni volta che vi fa capolino (come a Palazzo Ducale per il Festival Limes) trova molta gente ad applaudirlo.
In realtà, la città non ha di che allietarvi nel ritrovare Prodi. Tutto il suo patrimonio industriale è stato di fatto smantellato dal Professore e di quelle Partecipazioni Statali, che furono anche fucina di un'autentica scuola di manager, oggi restano solo pochi tratti. Quella stagione di privatizzazioni investì come un tornado le aziende Iri, Genova e le altre città che ne ospitavano le fabbriche. Ecco il bilancio: 29 cessioni (fra cui l'Alfa Romeo alla Fiat), una drastica diminuzione dei dipendenti, la liquidazione di Finsider, Italstat e Italsider, lo scambio di alcune aziende tra Stet e Finmeccanica, la tentata vendita della Sme alla Cir di Carlo De Benedetti.
Nonostante tutte queste operazioni siano state condotte in modo che poi è stato fortemente messo in discussione - al punto che Prodi è stato definito "l'Attila di Genova" piuttosto che, ma per ragioni principalmente politiche, l'uomo "i cui artigli grondano bontà" - il Professore ha persino "rischiato" di diventare presidente della Repubblica. Certo, dal punto di vista del cursus honorum la carica ci stava tutta (è Presidente del Consiglio e poi Presidente della Commissione Ue), ma nel concreto?
Nel concreto, Genova ancora oggi paga lo strascico di Prodi all'Iri. La cosa più banale che si può dire è che l'aeroporto ha certamente visto iniziare e acuirsi la sua crisi da quando le decine e decine di manager che avevano base in città sono stati cancellati insieme alle aziende dell'Iri. Oppure si potrebbe ragionare su ciò che rimane della siderurgia: un piccolo presidio nel pieno della tormenta, dopo che la famiglia Riva, che acquistò l'Italsider nella stagione delle svendite, ne ha fatto il veicolo delle nefandezze smascherate a Taranto (ma con effetti in ogni altro sito del gruppo).
Quella dismissione è anche al centro di una vicenda che si trascina da anni. Proprio come compensazione per lo smantellamento della sua siderurgia, Genova avrebbe avuto diritto a un finanziamento per avviare altre attività. Queste attività avrebbero dovuto essere incentrate sulla scommessa hai-tech degli Erzelli lanciata a suo tempo da due amici di Prodi, Burlando e Castellano. Il buono che c'era in quell'idea se lo sono fino ad oggi portati via un progetto divenuto molto pesante sul versante della speculazione edilizia, la mancanza di un adeguato piano scientifico-industriale e le motivate prudenze dell'Universita' sul trasferimento di Ingegneria agli Erzelli (anche per le irrisolte questioni legate ai collegamenti con il centro).
Ce n'è abbastanza, come si vede, per dire che prima di lasciarsi andare a certe manifestazioni di affetto, Genova dovrebbe almeno rinfrescarsi la memoria. Perché Prodi non può arrivare all'ombra della Lanterna ed essere accolto come un eroe.
politica
Genova, l'abbraccio a Prodi e la sindrome di Stoccolma
Ai tempi dell'Iri, il Professore svendette la città
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