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La inefficienza della macchia comunale
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Come si fa a non stare dalla parte dei cinghiali in questa città, dove gli ungulati oramai prendono possesso anche dei quartieri nobili, passeggiano impunemente, frequentano giardini e piazze, si accoppiano felicemente come a Terralba, immortalati dal boom delle visualizzazioni web e ci vogliono giorni e giorni per riportarli nel loro alveo naturale, che poi oramai è la città stessa?
Il caso dei due cuccioli, 50 chili di peso cadauno - dicono solerti gli esperti Enpa - giunti fino in via Piave, nobile quartiere di Albaro, dove si posteggiano le auto luccicanti dei supersaloni, non i cinghiali in gita, e alfine rinchiusi in un recinto per allietare il week end dei cittadini, è l'ultima frontiera tra la metropoli e la sua invasione.

Al bordo di corso Italia (che volessero andare a farsi un bagno un po' piu comodo dei putridi rivi dell'entroterra?) i cuccioli sono stati protagonisti fino alle 16 di lunedi di uno show imperdibile. Sono arrivati con il loro passo trottante dalle alture (quali?) e le guardie municipali devono avere suonato un allarme con trombe a tamburi per il pericolo che si stava abbattendo sul traffico circostante: due cinghiali liberi a spasso senza destinazione.

Qui è arrivato il colpo di genio: così li hanno chiusi in un posteggio cintato di ferro e dotato di cancello e i cuccioli sono diventati superstar. Al centro del piazzale cintato si esibivano con grufolii e moine, alla vista di una popolazione sempre più accorrente e quasi commossa. Un animale rinchiuso sollecita sentimenti irrefrenabili e poi due cuccioli... Mentre le guardie municipali, metropolitane e zoofile e la scattante schiera dei protettori degli animali si sono subito scatenati negli opposti compiti. Le guardie dovevano risolvere il problema, tenere a freno la popolazione intenerita o solo curiosa. I protettori degli animali dovevano garantire che ai cuccioli non fose torto neppure un pelo, meglio una zanna o un'unghia. E così sono passati il sabato, la domenica e una parte del lunedì.

La delicata questione diventava un caso da risolvere e i cervelli municipali si impegnavano in consultazioni, che quelle intorno alla candidatura del futuro sindaco sono barzellette. Come li sgombriamo da lì, senza violenze, spaventi e sconquassi? E dove li portiamo questi due orfani di chissà quali madri, sperdute nelle oscure selve delle multiformi colline genovese? Alla fine ecco la soluzione: sedare (notisi la delicatezza del verbo “sedare”, che non è violentare, intontire, addormentare, rendere inoffensivi) i cuccioli e indi condurli sotto scorta e in gabbia in un ricovero di Campomorone, dove la collina è sen'altro più vicina che sulla riva del mare.

Ma udite, udite per far questo ci vuole un'ordinanza del signor sindaco, un bando con tanto di rullio di tamburi che autorizza la sedazione nella cinta comunale. Ah povero sindaco, quante incombenze ha e come possiamo ora capire le sue persistenti difficoltà! Già in estate aveva dovuto ordinare con rullo di tamburi e con il cuore straziato che un altro cinghiale, feritosi a morte nella zona della Lanterna, fosse abattuto dalle guardie zoofile. Ora il compito era meno grave, ma pur di ordinanza si trattava e Marco Doria ci si è solertemente prestato.

Ma come avviene la sedazione di un cucciolo vivace e in quel momento supercoccolato da una popolazione in estasi cinghialesca, che recava cibo e bevande ai piccoli in cattività? Il sistema suggerito dal vetererinario incaricato, il dottor Pierluigi Castelli, che doveva sentirsi un po' come il guardacaccia di Biancaneve nel bosco con i nanetti intorno, era quello delle aste da conficcare nella irsuta pelle dei piccoli cinghiali per iniettare la sedazione. Facile no. Peccato che nel momento fatale, mentre l'operazione stava per compiersi nella commozione dei circostanti si è scoperto che le aste erano difettose. Quasi l'arma si rifiutasse di produrre la pur ridotta violenza sugli sventurati.

Stop, pausa, momento di sconforto e anche qualche sberleffo dei più “duri “di cuore alla inefficienza della macchia comunale. Ma come: con le migliaia di cinghiali che abbiamo intorno, le aste non funzionano? E ora come facciamo: gli spariamo il liquido addormentante con una cerbottana, con una pistola ad aria compressa? Nella ridente via Piave si sono vissuti attimi di incertezza, fino a che non sono arrivate le aste nuove e con mano ferma sono state sparate correttamente. I piccoli si sono sedati-addormentati, li hanno dolcemente caricati dentro a una gabbia e trasferiti a Campomorone, non senza una certa mestizia degli albarini, che si sono visti sfilare via la loro attrazione.

Cosa insegna la vicenda un po' favola, un po' farsa genovese dei cinghiali ristretti ad Albaro nientepopodimenoche? I cinghiali sono un'emergenza vera che invade la città e che non ne fa tremare le fondamenta, ma svela un problema di gestione del fenomeno. Contro questa emergenza crescente, che accomuna oramai da più anni ogni quartiere, la città appare come quelle aste spuntate. È tutto difficile e siamo maestri nel complicarci la vita: ci vogliono ordinanze, attrezzature, competenze, che con la cancellazione della Provincia, mai tanto rimpianta e la sua sostituzione con la “città metropolitana”, dimostratasi, nel caso specifico così evanescente, mai chiare.

I cinghiali calano a valle, invadono, sfondano, mangiano, e saranno pure simpatici come i cuccioli di via Piave, ma stanno diventando una vera emergenza. Sulla scia di via Piave gli “esperti” con aria da trattativa sindacale, hanno rivendicato la bontà del “protocollo” costruito intorno al cancello chiuso, come se fosse un modello per il futuro e hanno invocato “un tavolo” con le istituzioni per affrontare i futuri, inevitabili casi. Sentendo parlare di tavoli e cinghiali a noi sono venute in mente le avventure di Asterix e Obelix, gli eroi dell'epopea francese-gallica, che finivano sempre a tavola, dove di che cosa erano le scorpacciate? Ma di cinghiale, ovviamente.