politica

Dopo il primo discorso da Palazzo Tursi
4 minuti e 21 secondi di lettura
 Aspettavo con molta curiosità il discorso che il nuovo sindaco Marco Bucci avrebbe fatto in consiglio comunale nel giorno dell'insediamento. Certo: lui il sindaco aveva già cominciato a farlo ed anche con una decisione molto marcata, anche quella che non è finita sui giornali e che alcuni osservatori definiscono già molto “naif”, riunioni improvvise, blitz negli uffici, decisioni e richieste a voce alta ed anche - come abbiamo già scritto - “cazziatoni” senza tregua ai malcapitati dipendenti comunali e dirigenti finiti tra lui e una richiesta da eseguire.



Ma nel rito del consiglio comunale nuovo di zecca
, con tutti quei leghisti e l'opposizione asserragliata in silenzio sui banchi, per loro sconosciuti, della minoranza secca, che tono avrebbe assunto il sindaco-manager, l'”amerikano” di Tursi, come l'avrebbero subito “marchiato”, con la “K”, in anni lontani? Ebbene il discorso letto dal neo sindaco, e non pronunciato a braccio “perchè sono troppo emozionato”, è stato tutto meno che “politico” nel senso che abbiamo sempre dato a questa parola. Direi che è stato il discorso pre-politico o forse meglio post-politico o, meglio ancora, a-politico, nel senso che non è stato usato un solo tono di quelli classici della politica istituzionale: annunci, retorica, un pizzico di demagogia, polemica più o meno strisciante, rivendicazione di se stessi e della propria parte contro gli “altri”.

Il linguaggio di Bucci è un altro e l'avevamo già capito in campagna elettorale. Parla come un capo azienda che ha “impugnato” il suo ruolo e vuole andare avanti dritto sui suoi obiettivi. Non modula, appunto, i toni e neppure la voce, con quelle variazioni che la politica sceglie per chiudere le porte o per aprirle o per lasciare spiragli. Cerca di far trasparire solo un aspetto: la decisione di andare avanti come un treno.

Sarà il tempo, e non ce ne vorrà molto, per capire se questo stile, che poi non è uno stile, ma una essenza, sarà utile agli scopi del sindaco, se sarà l'espressione corretta delle sue azioni, che tutti aspettano con curiosità, ma anche con la giusta preoccupazione.

Ce la fa, non ce la fa? E' partito bene, è partito male, va avanti a spot e prima o poi si schianterà contro il muro invalicabile delle difficoltà burocratiche, finanziarie, anche politiche, di cui è costellato inevitabilmente il suo percorso?

Anche sbloccare subito i risarcimenti alle vittime dell'alluvione, mandare squadre di vigili a spazzare via gli ambulanti abusivi dal porto antico, far lavare a spruzzo le piazze, lanciare il trasloco del mercatino di via Quadrio, ingaggiare, insieme al suo assessore competente, squadre di immigrati da affiancare all'Amiu per pulire i quartieri, annunciare il dimezzamento delle tariffe nelle aree blù di posteggio per fine luglio, sbaraccare la delibera ambientale anti Vespe, è un linguaggio “forte”, . Questa lingua vuol dire che le cose che sembravano impossibili si possono fare e subito. Basta volere e magari imporsi con i “cazziatoni” e lo stile che a Tursi non avevamo mai visto? Ma qual è il prezzo, poi?

Troppo presto per dare giudizi mentre questa aria nuova soffia potentemente e ogni giorno ce ne è una nuova. Ma vale sottolineare come a questa nuovo stile si contrapponga il silenzio-quasi mutismo dell'opposizione , di quelli che fino a ieri avevano governato la città e poi l'avevano contesa a Bucci e i suoi. Ho notato una timida precisazione dopo lo sblocco dei risarcimenti agli alluvionati, secondo la quale l'operazione di fatto era stata realizzata dalla giunta Doria e Bucci ci ha messo solo il capello sopra  e ho letto un'intervistina all'ex concorrente Gianni Crivello, che ironizzava un po' sull'impiego degli immigrati nei lavori di pulizia della città. “L'abbiamo sempre fatto......”_ dice l'ex assessore dal suo angolo di opposizione.

 Il silenzio-mutismo dopo la sconfitta segna anch'esso una fase “post politica” della amministrazione genovese. Devono “far passare la nottata” dell'euforia della vittoria, ma devono anche capirci qualcosa in un quadro della Sinistra che ogni giorno che passa si frantuma di più.

Radunare le truppe, ordinarle e impostare l'opposizione in una città-regione-porto nei quali hanno perso tutto, da De Ferrari a Palazzo san Giorgio, a palazzo Sisto di Savona, alla roccaforte di Spezia, è mica facile.

Manca il personale per ripartire, i Pd abituati sopratutto a parlare a se stessi in un cerchio magico loro dove si decideva tutto e poi si è scassato tutto e a misurare il  potere con alambicchi confezionati da decenni solo in casa propria, non hanno una lingua con cui parlare alla gggente, al loro esterno. Per questo ora stanno zitti e......mosca.

Scoprono che hanno perso e non sanno che fare. Non hanno leader in grado di aprire bocca. La Pinotti parla di Libia e Afghanistan, Orlando di come bloccare Renzi. Sulla Liguria, appunto.....zitti e mosca. Intanto c'è già da pensare alle candidature per le elezioni politiche della prossima primavera. E lì vedrete che quando la canicola di luglio si attenuerà qualcuno la favella la ritroverà.