cronaca

Bagnasco: "Dialogo e mediazione". Fiom: "Occupiamo la fabbrica"
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Tensione e rabbia all'indomani della lettera con cui Ilva e Am Investco Italy hanno mostrato ai sindacati il piano lacrime e sangue post vendita. Più di 4mila esuberi in tutta Italia su 14mila dipendenti e addirittura 600 su 1.500 a Genova Cornigliano, dove lunedì ci sarà uno sciopero con probabile occupazione della fabbrica e corteo fino al centro cittadino. Per giunta, i lavoratori riassorbiti dalla cordata perderanno tutte le tutele e subiranno gli effetti del Jobs Act. 

"È necessario continuare allo strenuo la via del dialogo e della mediazione", ha detto il cardinale Bagnasco, arcivescovo di Genova, a una radio cattolica. "Tutti devono cercare di non chiudere le vie della comunicazione e continuare il dialogo, cercando di trovare, se esistono, vie alternative almeno provvisorie, in attesa che l'azienda possa riprendere un ritmo tale da ampliare nuovamente l'organico". 

Ma nel fronte sindacale non c'è alcuna voglia di arretrare. E si respira di nuovo aria di lotta. "È uno schiaffo alla città, non lo possiamo permettere", tuonano i rappresentanti della Fiom, la storica sigla dei metalmeccanici che fanno appello a tutti i concittadini: "Scendete in piazza con noi". Il 9 ottobre, alle 5 del mattino, i lavoratori si riuniranno in assemblea fuori dai cancelli dello stabilimento. "Nessuno deve entrare, bloccheremo la città", promette il segretario genovese Bruno Manganaro, mentre Armando Palombo della Rsu annuncia: "Occuperemo la fabbrica". Poi il corteo fino alla Prefettura. Nel frattempo a Taranto sono state annunciate 24 ore di sciopero. 

Proprio lunedì nella sede romana del Mise si terrà il vertice tra Governo, commissari, acquirenti e sindacati, una discussione viziata in partenza dalla notizia che ha mandato tutti in subbuglio. "Per noi non ci sono le condizioni per aprire un tavolo. Ci saremo esclusivamente per sapere che intenzioni ha il Governo, che finora è stato succube", ha fatto sapere la Fiom. La vice ministra allo sviluppo economico, Teresa Bellanova, abbassa i toni: "Al termine del confronto nessun lavoratore rimarrà senza tutele reddituali e occupazionali. Mi auguro che lunedì si avvii una trattativa che porti a una intesa soddisfacente in tempi rapidi". 

Ma anche le altre sigle, nonostante posizioni più morbide assunte finora, bocciano la possibilità di un accordo. "Le condizioni poste da Am Investco, governo e commissari sono inaccettabili - dice il leader nazionale della Uilm, Rocco Palombella - Non possiamo accettare il passaggio parziale dei lavoratori e il drastico peggioramento delle loro condizioni economiche e normative. O Am Investco e i commissari indicati dal Governo cambiano posizione o il sindacato non farà sconti alla controparte aziendale in questa delicata vertenza. Siamo pronti ad un confronto duro". Più aperto alla mediazione Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl: "Ci si prospettano presupposti ancora più arretrati rispetto a quanto concordato tra l'acquirente e la gestione commissariale. Se tale approccio sarà confermato nell'incontro di lunedì è chiaro che il ricorso alla mobilitazione generale diventerà inevitabile". 

Cosa succede adesso? L'arma 'pacifica' che Genova può usare è l'accordo di programma sottoscritto nel 2005 da sindacati, Governo, Regione, Comune e Ilva. Con la chiusura dell'area a caldo e i circa mille licenziamenti patiti dalla città, le parti si erano impegnate a garantire nel tempo gli stessi livelli occupazionali in cambio di una concessione d'oro: un milione di metri cubi per 65 anni. Se adesso si rimette tutto in discussione, la Fiom è pronta alla battaglia in tribunale. Ma anche Comune e Regione ribadiscono che l'accordo "non essendo stato disdetto né rimesso in discussione impegna tutti i sottoscrittori sia da punto di vista legale che politico". 

Probabile che, alla fine, si arrivi a un compromesso. Se così non fosse, i sindacati possono sempre rifiutare di firmare l'accordo vincolante e, così facendo, manderebbero a monte l'intera procedura di cessione degli asset alla cordata Am Investco Italy. A quel punto la palla tornerebbe al Governo che dovrebbe indire una nuova gara. Oppure scegliere altre strade, forse ancora più nocive per i lavoratori.