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Ma sì, caro direttore. Quanti sono a Genova (per non dire nello Stivale. Ma che dico, esageriamo: in Europa! E vai, buon peso: nel mondo!) coloro che conoscono Rubaldo Merello? E perché, secondo te quanti erano, sotto l’Impero Borzani, quelli che avevano sentito nominare la senorita Frida Kahlo, all’anagrafe Magdalena Carmen Frida Kahlo y Calderon, e che hanno affollato lo stesso splendidamente le sale del Palazzo di Andrea Doria?
Nessuno scandalo, anzi. Nemmeno l’invito accorato a alzare il culo dalla sedia per andare a vedere le delizie di Rubaldo (no, non è un terzino d’importazione). Anzi, questo bizzarro Bizzarri ha tirato fuori le due belle idee di esporre al pubblico anche il Guarneri del Gesù, detto Cannone (sì, come l’arma del film su Navarone) e di allestire una super mostra sul Cannone bis Renzo Piano. Bene.
Viva tutto. Ma magari come direttore del Palazzo speriamo che Buccius Primus ci piazzi uno del mestiere. Siamo già tutti abbondantemente stupefatti da queste prime settimane. Piazzi uno che distingua un macchiaiolo da uno spegassin, Van Dyck da un ciclista vallone, Botero da uno chef catalano. Se non altro per trattare mostre di prestigio sulle piazze dei grandi eventi d’arte senza confondersi troppo.
Viva tutto. Viva la de-sacralizzazione dei Palazzi. Largo ai frisceu e alle panisse, spazio ai bratwurst e ai berner-rosti con la dieresi sulla “o”.
Quando, restaurato il Ducale, si installò nell’atrio un accogliente caffè-bar-ristorante, mi chiamò scandalizzato al Decimonono dove lavoravo, l’indimenticabile, grande, Giorgio Doria (storico, politico, colto, ironico) per segnalarmi che nel palazzo del suo antenato aveva aperto un “autogrill”.
Era ironia, anche allora. E di strada, il Ducale mi pare ne abbia fatta.
IL COMMENTO
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