Padre Alejandro Solalinde, il sacerdote messicano fondatore nel 2007 del centro di aiuto "Herrnanos en el Camino" per i migranti diretti negli Stati Uniti e candidato al Nobel per la pace nel 2017, in questi giorni in Italia, sarà domani e venerdì a Genova, ospite della Comunità di Sant'Egidio.
Giovedì 19 ottobre alle 17,30, nella sala Quadrivium di piazza Santa Marta, padre Solalinde terrà la conferenza "Un prete nel mirino dei narcos. Messico, i migranti, il Muro, le espulsioni" organizzata dalla Comunità di Sant'Egidio in collaborazione con l'Editrice missionaria italiana, Amnesty International e Avvenire.
Nelle mattinate di giovedì e venerdì, incontrerà gli studenti dei licei Mazzini e Colombo.
Biografia di Padre Alejandro Solalinde
Padre Aljandro Solalinde ha costruito il centro di accoglienza “Hermanos en el camino” a ridosso dei binari su cui transita il treno-merci “La Bestia”, che da anni trasporta migliaia di indocumentados, i migranti del Centro America in fuga dalla povertà e dalla violenza che rischiano la morte in caso si addormentino durante il viaggio.
Padre Alejandro ha acquistato il terreno celando la sua identità, perché l’idea che a Ixtepec, piccolo paesino del sud del Messico, ci fosse un “albergue” per migranti, non piaceva alla cittadinanza. Ha cominciato portando ai migranti cibo e acqua lungo i binari, conquistando la loro fiducia e poi offrendogli un luogo dove riposare.
In Messico, oltre quattromila chilometri di frontiere, 57 milioni di abitanti sotto la soglia di povertà, 23mila omicidi ogni anno, dove un rene o un fegato può essere venduto fino a 150.000 dollari, dove ufficialmente avvengono 54 sequestri al giorno, nel Messico conteso dai cartelli, Los Zetas da un lato e quello del Golfo dall’altro, Solalinde è un uomo scomodo perchè si oppone al business dei migranti: vite umane in condizioni di vulnerabilità generano prostitute, schiavi, persino organi e valgono 50 milioni di dollari l’anno per i narcos e per i politici corrotti.
Per questo padre Solalinde è stato più volte pestato, incarcerato, minacciato di morte.
In collaborazione con Lucia Capuzzi, giornalista di Avvenire, ha scritto il libro "I narcos mi vogliono morto" (Emi) che racconta la sua vicenda. E' stato candidato al premio Nobel per la Pace 2017.
IL COMMENTO
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