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Ricorso al Tar in Puglia, appelli a vuoto: "Ci ripensi"
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L'Ilva di Taranto rischia di chiudere. E appesa a un filo c'è anche la sorte di Cornigliano. La mossa di Michele Emiliano, governatore della Puglia, apre scenari del tutto nuovi. Sindacati e istituzioni hanno definito irresponsabile il ricorso al Tar per bloccare il decreto che permette a Mittal di ritardare ancora l'attuazione del piano ambientale nella città pugliese. La trattativa ora è congelata, cancellati tutti i tavoli. Non c'è il rischio che gli impianti vengano spenti, ha precisato Calenda. Ma da Bucci a Toti, da Rixi alle sigle dei metalmeccanici, tutti invocano un passo indietro. Invano.

"Stiamo andando verso il burrone - attacca Bruno Manganaro, segretario della Fiom - La politica è impazzita. Ciò che ha fatto Emiliano è molto grave, a rischio ci sono 10mila lavoratori. Lui ha scelto di far saltare il banco, evidentemente l'obiettivo è chiudere l'impianto". Il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda ha confermato in giornata che il ricorso, "se accolto, sospende la validità del decreto" e ha fatto appello al governatore di ritirarlo per evitare la fuga di Mittal.

Il gruppo, in una nota, esprime "preoccupazione", ricorda i 2,3 miliardi di investimenti proposti all'Italia e avverte: "È un vero e grande peccato che la nostra volontà e capacità di realizzare tali investimenti possano essere pregiudicate da questo ricorso". Poi conferma di voler "procedere rapidamente nel processo di negoziazione con le organizzazioni sindacali" qualora "il Ministro Calenda decidesse di riattivarle".

Il presidente pugliese, però, va dritto come un treno: "Rassicuro i miei cittadini che le intimidazioni non avranno alcuna influenza sulla nostre decisioni. Andremo avanti senza paura - scrive su Facebook - per chiedere la decarbonizzazione dell'Ilva in coerenza con gli obblighi internazionali dell'Italia stipulati a Parigi e per tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini" e "per evitare che Taranto debba morire per lavorare".

"Il ricorso al Tar è una mina lanciata sulla strada della trattativa per dare un futuro all'Ilva, mette a rischio migliaia di posti di lavoro", gli risponde dalla Liguria Giovanni Toti senza andare per il sottile. "Siamo preoccupati a causa di un ricorso al Tar che è diventato un malvezzo della vita politica e d'impresa italiane. Non si può ricorrere al Tar tutte le volte che non si è d'accordo, è avvilente per la politica e per il Paese".

L'assessore Edoardo Rixi teme che Ilva diventi "una nuova Bagnoli" e tuona: "Prima vengono i lavoratori, prima viene l'interesse della filiera dell'acciaio e poi vengono gli interessi delle forze politiche e di altro. Mi auguro che ci sia ancora tempo di mediare". Richiamo al buonsenso dal sindaco Marco Bucci: "Se non ci sediamo al tavolo a lavorare assieme non ce la faremo mai".

Tutti pendono ora dalle labbra del Tar. È pur vero che la frenata di Taranto, in qualche modo, potrebbe giovare in futuro allo stabilimento di Cornigliano. La fabbrica è già 'pulita', riconvertita per la produzione a freddo e, volendo, pronta ad accogliere acciaio dall'estero. Il modo per farla funzionare c'è, "ma noi vogliamo difendere comunque il lavoro", puntualizza la Fiom genovese. La patata bollente potrebbe passare al prossimo Governo. Che, in caso di fallimento dell'affare ArcelorMittal, dovrebbe trovare un nuovo acquirente. Oppure scegliere una strada alternativa: nazionalizzare, risanare e poi, semmai, vendere. Un sentiero comunque irto di spine.