La recente approvazione della legge 22 dicembre 2017, n. 219 sul consenso informato e sulle disposizioni anticipate di trattamento (D.A.T.), note anche come "testamento biologico", conclude una lunga serie di progetti di legge iniziata nel lontano 1984 con la proposta di Loris Fortuna e proseguita con altre, presentate soprattutto sull'onda emotiva di casi di forte risonanza mediatica. Proposte e disegni rimasti tali per l'obiettiva difficoltà di legiferare su un tema particolarmente "sensibile", concernente situazioni cliniche e umane con caratteristiche specifiche in ogni singolo caso, con importanti implicazioni etiche e giuridiche, oltre che per la presenza sul campo di posizioni oltranziste.
La suddetta legge, che risulta dall'unificazione delle sedici proposte di legge più recenti, accanto a dubbi interpretativi, malgrado l’apparente semplice formulazione, lascia nodi irrisolti e problematiche aperte, con conseguenti risvolti di grande portata sia nell'ambito della relazione di cura tra paziente e medico, sia di carattere civile e penale, come dimostra anche la recentissima sentenza della Corte d’Assise di Milano nel processo a Marco Cappato, con la quale è stata accolta l’eccezione di illegittimità costituzionale relativa all’art. 580 del codice penale che vieta, non solo l’istigazione, ma anche l’agevolazione al suicidio, e rimessi gli atti alla Corte Costituzionale.
Purtroppo non risolve neppure problematiche di tipo etico, sulle quali la comunità scientifica dibatte da tempo, come prevedere la possibilità di sospendere negli stati vegetativi l'idratazione e l'alimentazione, della quale si è occupato il Comitato Nazionale di Bioetica nel 2005, che di certo non costituisce accanimento terapeutico, configurando una vera e propria eutanasia omissiva, oltre che attiva indiretta.
Considerare l’idratazione e la nutrizione come trattamenti medici e non come sostegno vitale, potrebbe portare anche in Italia conseguenze come quelle già previste dalla Legislazione e dalla Giurisprudenza di altri Stati europei e americani.
In Europa, la maggior parte degli Stati ha legiferato negli anni 2000, ammettendo che un soggetto maggiorenne, possa esprimere anticipatamente il suo orientamento relativo alle limitazioni o cessazioni di trattamenti medici nel caso in cui non avesse più le facoltà per esprimersi. Se il paziente è un minorenne o un maggiorenne sotto tutela, il medico consulta anche familiari o chi ha la tutela, a meno che non si tratti di una situazione di urgenza.
In alcuni casi, come ad esempio in Francia, la legge del 22 aprile 2005 autorizza addirittura il medico a prendere la decisione di limitare o anche interrompere il trattamento, nel caso in cui la persona malata non sia in grado di esprimere la propria volontà e si afferma che atti di prevenzione scientificamente riconosciuti come inutili possono essere sospesi o non iniziati affatto.
Nei Paesi Bassi la “Legge per il controllo di interruzione della vita su richiesta e assistenza al suicidio” che risale al 2001, prevede anche il livello di “assistenza al suicidio”, che si compie assistendo il malato o fornendogli i mezzi.
In Spagna, on l’approvazione della legge del 14 novembre 2002 recante “disposizioni per la regolamentare i diritti del paziente e degli obblighi in materia di informazione e documentazione clinica”, il Parlamento spagnolo ha, tra l’altro, consentito il diritto di decidere anche ai minori dai sedici ai diciotto anni.
Negli Stati Uniti già nel 1976, un’importante sentenza innovativa della Corte Suprema del New Jersey, destinata a costituire la base di ulteriori pronunciamenti negli altri Stati, autorizzò i medici ad interrompere le terapie di sostentamento vitale su una ragazza di 22 anni (“caso Quinlan”) ricoverata in “stato vegetativo persistente”, sulla base del principio che “il diritto alla privacy di ciascun individuo, garantito dal V emendamento della Costituzione, prevale rispetto ai potenziali interessi dello Stato al prolungamento della vita, “nel momento in cui il livello di degrado fisico aumenta, e svanisce la prospettiva di un ritorno ad uno stato di coscienza”.
Nello stesso anno, i principi evidenziati nella sentenza costituirono la base per la regolamentazione ufficiale del Testamento biologico, il Natural death act, letteralmente “documento sulla morte naturale”, nello Stato della California. E subito dopo si sono dotati di legislazione in materia altri Stati, fra i quali Illinois, Louisiana, Tennessee, Texas e Virginia.
Nel 1988 in un altro caso, destinato, anch’esso a “fare giurisprudenza” (“caso Cruzan”), il Tribunale (Trial Court), la Corte Suprema del Missouri, e, infine la Corte federale degli USA. Sono stati fissati altri principi importanti per il successivo dibattito dottrinale e giurisprudenziale nella stessa direzione e viene ribadito il best interest of the patient.
In tempi più recenti, nel caso del “piccolo Charlie”, in cui l’Alta Corte di Londra Corte di Londra ha deciso la morte di Charlie perché il mantenerlo in vita, in uno stato di dolore e di sofferenza (non sappiamo come dimostrato), senza speranza di miglioramento (certezza non si sa quanto fondata) avrebbe costituito un accanimento terapeutico nei confronti del neonato, negando invece la somministrazione di un approccio terapeutico innovativo.
In Canada, invece, a differenza che negli Stati Uniti, non esiste una politica uniformatrice in materia di living will. Le direttive anticipate hanno valore legale solo in alcuni Stati, quali il Manitoba e l’Ontario, mentre, per il resto, ogni Provincia assume le decisioni in materia autonomamente e necessariamente in maniera diversa, in particolare sulle questioni concrete.
Si rende pertanto necessario, in considerazione dell'importanza della legge per tutti i cittadini e per le professioni che vede coinvolte, illustrare e discutere i contenuti della legge, la sua portata e le prospettive future, analizzando gli aspetti più salienti con la massima obiettività e chiarezza.
A tal fine, L'U.G.C.I. Unione Giuristi Cattolici Italiani Unione Locale di Genova “Ettore Vernazza” ha organizzato un Convegno dal Titolo: “La legge sul consenso informato e sulle D.A.T.: problematiche
aperte”, che si svolgerà venerdì 23 febbraio 2018, dalle ore 15,00 alle ore 18.00 presso la Sala del Consiglio Metropolitano - Palazzo Doria Spinola – Largo E. Lanfranco 1 – Genova.
Dopo i saluti dell’ Avv. Enrico Bet, presidente U.G.C.I. Genova, del Dott. Paolo Brunamonti Binello, presidente A.M.C.I. Genova e del Dott. Giorgio Mosci, presidente UCID Genova, l’Avv. Laura Oliveri, componente del consiglio direttivo U.G.C.I. Genova, effettuerà una introduzione all’argomento e un’analisi comparativa delle disposizioni vigenti negli altri Stati europei.
Seguiranno quindi gli interventi e le relazioni del Prof. Giovanni Regesta, neurologo, dell’Avv. Anna Maria Panfili, avvocato civilista, e dell’Avv. Roberta Barbanera, avvocato penalista.
salute e medicina
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