A crederci per prima è stata Maria Luisa Mannarino, una prof di italiano un po' fuori dal comune: 33 anni, un lavoro parallelo da autrice di testi e musicista, con la convinzione che sì, la lingua e la poesia si possono insegnare anche così. "Abbiamo fatto rientrare questo progetto all'interno del programma scolastico, attraverso l'uso delle figure retoriche, la metrica e le rime. Il rap si presta molto a questa idea", racconta.
E così una classe di 15enni ha chiuso per un po' i libri di letteratura e ha iniziato a cimentarsi direttamente con le parole. Ogni studente della seconda AMM (corso di meccanica e meccatronica) ha contribuito a scrivere una parte del testo nella propria lingua madre. Il risultato è un mosaico di storie e sentimenti, in italiano e in spagnolo, che racconta delle loro vite. E a volte sono parole che testimoniano ferite.
"La strada è un posto in cui vedi cose che ti rendono forte, ma quasi nessuno ha fortuna. Le dedico una canzone, per dirle grazie per quello che mi ha insegnato. Però le dico addio, perchè mi ha portato via i miei fratelli, con cui sono cresciuto, anche povero, con un sorriso sul volto, in modo da poter dire a mia madre: ti voglio un mondo di bene, non preoccuparti per me", canta (anzi, rappa) Alessandro Luna Lescano.
"Padre nuestro, cioè padre nostro, perché è una figura che non giudica le persone per quello che hanno fatto e che sono, sempre pronto a perdonare", racconta Alessandro. "Ci sono strade cattive e strade buone, ma la tua famiglia ti insegna quale scegliere. Questo pezzo mi è uscito dal cuore", spiega Michael.
Nessuno di loro si era mai cimentato col rap. Ad accompagnarli nella realizzazione del video musicale c'era uno staff di validi professionisti: Luca Cherchi e Samuele Azzarito per la produzione musicale, Bazoline149 per la regia, Black Diamond per gli studi di registrazione. Ma le parole e le idee sono tutte farina del loro sacco.
Così si vince anche la dispersione scolastica, in una realtà - quella degli istituti tecnici e professionali - tra le più critiche per tasso di abbandono. "Ma il vero problema è piuttosto la mancanza di motivazioni - argomenta la preside dell'Einaudi-Casaregis-Galilei, Miria Carpaneto -. Quest'esperimento in fondo non è nulla di stravagante, si trattava di lavorare sul linguaggio poetico. I ragazzi non si rendono conto che loro hanno fatto scuola nel modo più innovativo possibile".
E ora, in tempi di pagelle, c'è chi incrocia le dita. Perché le difficoltà ci sono e sono tante, ma l'esperienza da rapper ha messo a tutti il sorriso. E la loro gratitudine va prima di tutto alla prof, Maria Luisa Mannarino, che è riuscita a trasmettere a questi ragazzi una passione rara: "È un lavoro che mi piace tantissimo, cerco sempre di portare in classe qualcosa di divertente e coinvolgente. Ma la prima a divertirmi sono io, quindi... zero fatica".
IL COMMENTO
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