curiosità

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 "Ciao, io sono la pazza che ha urlato prima quando vi ha visto dall'entrata degli artisti".
"Ah sei tu".
"Sì scusate. È che sono abituata vedervi in due dimensioni; vedervi in 3D è stato un po' destabilizzante".

Così è iniziata la mia conversazione con Space Valley. Ho scoperto che l'emozione di incontrare i propri idoli non solo fa a botte con la professionalità, ma la mette proprio k.o. e si aggiudica la cintura di campione. Risatine nervose, mani che tremano, sguardo adorante. A ripensarci adesso, la me seria e matura si vergogna un po' della me fangirl. Nonostante ciò, per 5 giorni a partire da sabato sera, circa ogni 10 minuti mi ritrovavo a cantilenare come una bambina: "Ho intervistato la Valle Spaziale, ho intervistato la Valle Spaziale"; poi ho smesso, non perché si fosse affievolito il mio entusiasmo, ma perché rischiavo di subire delle ingiurie fisiche da parte delle persone che mi stavano attorno. Sapete come si dice no? È rischioso incontrare le persone che ammiriamo, soprattutto se siamo abituati a vederle su uno schermo. Potrebbero non essere come ce le siamo immaginate, potremmo scoprire che ciò che vediamo in video non è reale, è solo un artificio, sono solo personaggi di un mondo inventato.


E in effetti con Space Valley... non mi è successo. Sono esattamente come me li aspettavo, esattamente come sono in video: 6 amici che lavorano insieme, che si divertono, che scherzano, che si prendono in giro. È stato veramente speciale per me intervistarli. Sono sempre molto orgogliosa del mio lavoro a Primocanale Underground, ma questa volta è stata speciale: non solo perché ho potuto parlare con delle persone che adoro, in quella che più che un'intervista sembrava un amabile conversazione davanti a una tazza di tè e dei pasticcini, ma perché quando mi ricapita di mettere così in imbarazzo gli altri ragazzi della redazione (Alex, Caterina e Silvia) che facevano finta di non conoscermi da quanto erano imbarazzati dal mio comportamento.

Finita l'intervista e salutata la Valle Spaziale, ho fatto una lunga corsa nel corridoio e mi sono lanciata a mo' di rockstar sul pavimento di marmo del Carlo Felice, rimanendo, per una buona manciata di secondi, sdraiata per terra a fissare il soffitto. Comunque, l'intervista è venuta bene, se non altro per poter prendere in giro quella pazza con il cilindro che si è fatta reggere il microfono da Tonno perché le tremavano troppo le mani (che poi, la pazza, sarei io, nel caso non si fosse capito).