"Noi siamo qui perchè riteniamo che il contratto legalmente possa esere sciolto. Questo è quello che abbiamo chiesto e stiamo agendo in coerenza". Va dritta al punto Lucia Morselli, rinominata in questi giorni di tensione la 'manager d'acciaio'. L'ad di ArcelorMittal non fa passi indietro. Il percorso di addio dall'ex Ilva da parte del gruppo franco-indiano va avanti spedito. A Roma, nella sede del ministero dello Sviluppo economico per la prima volta dalla decisione di restituire tutta l'azienda siderurgica ai commissari governativi, si sono incontrati i verici di Mittal, i sindacati e gli stessi rappresentanti del Governo.
Ultime ore di tensione sul caso ex Ilva, ore che si sommano ormai a giorni e settimane. Una situazione che continua a prendersi la scena della politrica italiana chiamata a gestire la 'bomba sociale' che ormai è esplosa in tutte le sue parti. I commissari, coloro cioè che detengono il controllo di Ilva, hanno ribadito che per loro non esiste la condizione per arrivare al recesso del contratto da parte di Arcelor e in una nota spiegano: "Ilva ribadisce che il preteso recesso è stato indebitamente esercitato e che, conseguentemente, non sussistono le condizioni giuridiche per la retrocessione dei rami d'azienda oggetto del Contratto d'affitto". Per questo motivo l'amministrazione straordinaria di Ilva conferma l'avvenuto deposito, al Tribunale di Milano, del ricorso cautelare urgente contro ArcelorMittal Italia a seguito del manifestato recesso dalla gestione del gruppo.
Anche la procura di Milano scende in campo ed entra nella causa civile che la società franco-indiana ha aperto contro i commissari straordinari. Un diritto-dovere di intervento consentito dall'ultimo comma dell'articolo 70 del codice di procedura penale che concede la possibilità di intervenire nel caso in cui si ravvisa un pubblico interesse (LEGGI QUI).
Ma Morselli non si tira indietro. L'addio di ArcelorMittal è ormai un passo ben più che avviato: "Innanzitutto il contratto è un atto legale - spiega l'ad di ArcelorMittal -. Quello che ci ha portato a ritenere che il contratto potesse essere terminato e' il fatto che riteniamo che non siano stati rispettati i termini del contratto stesso, dal punto di vista legale", sottolinea Morselli, rilevando due "termini principali. Il primo è la possibilità di lavorare nell'area a caldo e quindi di fare le migliorie previste dal piano ambientale in una situazione d protezione dal punto degli aspetti criminali. Questa prima era prevista e ora non c'e' piu'. L'area a caldo sta migliorando, il piano ambientale e' assolutamente rispettoso dei tempi previsti, ma non e' ancora nelle condizioni in cui dovrebbe arrivare nel 2023, quindi continua ad essere dal punto di vista ambientale non ottimale. Fino a qualche settimana fa questo non era un crimine ora lo e'. E non e' una cosa di poco conto".
Morselli prosegue: "Il piano ambientale procede rispettoso dei tempi previsti. L'area a caldo sta migliorando ma non e' ancora nelle condizioni ottimali. Fino a qualche settimana fa non era un crimine e invece lo e' diventato: non e' una cosa di poco conto". Poi, "quando l'Afo 2 e' stato consegnato ad ArcelorMittal ci e' stato detto che tutto quel e' stato chiesto dalla magistratura come interventi di miglioramenti era in corso e invece non era e' stato fatto niente. A meta' dicembre le migliorie non saranno pronte, ci sara' un piano degli interventi e non la realizzazione degli interventi".
"Noi siamo qui - dice quindi l'Ad di ArcelorMittal Italia - perche' riteniamo che il contratto legalmente possa essere sciolto. Questo e' quello che abbiamo chiesto e naturalmente stiamo agendo in coerenza in questa nostra convinzione, che si esplicitata in un paio di azioni molto importanti: prevedere che e i dipendenti potessero avere una destinazione, ritrasferendoli all'amministrazione straordinaria. L'altra cosa e' che visto che l'area a caldo e' in una situazione abbastanza criminale, riteniamo che gradualmente, nei tempi tecnici corretti, cioe' senza fare danno ambientali maggiori, perche' adesso se continuiamo ad usare l'area a caldo danneggiamo l'ambiente ed e' un crimine". Per l'Ad cosi' "e' stato rotto il concetto base del piano risanamento dell'Ilva, che diceva: ci piacerebbe avere la bacchetta magica ma non l'abbiamo. Allora bisogna andare al 2023, quando l'area a caldo sara' accettabile, nel frattempo creiamo le condizioni per arrivare al risultato. E una delle condizioni era dare la protezione a chi ci lavorava".
I SINDACATI: “L'incontro non e' andato bene, non siamo per nulla soddisfatti". I sindacati si dicono delusi al termine dell'incontro al Mise con Arcelormittal sulla vicenda dell'ex ILVA e chiedono ancora un passo avanti da parte di governo e azienda. "I lavoratori non si renderanno complici dello spegnimento dell'acciaieria", promette Annamaria Furlan, segretario generale Cisl spiegando come Arcelormittal abbia espresso la volonta' di lasciare la fabbrica. "Solo i sindacati hanno sempre rispettato le regole sottoscritte dall'accordo. Chiederemo al premier Conte di adoperarsi per farci avere un incontro in cui la famiglia Mittal torni nel nostro Paese, e che incontri anche noi", aggiunge Furlan. Sindacati delusi anche per il silenzio dell'ad Arcelormittal all'appunto del ministro Patuanelli secondo cui l'azienda prevedeva esuberi ancora prima di aver tolto lo scudo penale. "Abbiamo chiesto ad Arcelormittal di ritirare la revoca e venire al tavolo di trattativa per trovare una soluzione- precisa il segretario generale Cgil Maurizio Landini- mentre al governo abbiamo chiesto di ripristinare lo scudo penale per togliere l'alibi a Mittal". Per Carmelo Barbagallo, segretario generale UIL, non bisogna dare "il segnale che le multinazionali come al solito scorrazzano per il nostro Paese anche a seguito di accordi scritti e abbastanza dettagliati".
FIOM E FIM PRONTI AL PEGGIO - "Siamo a un metro dal caos". Così il segretario della Fiom genovese Bruno Manganaro riassume l'incontro durato oltre tre ore tra il Governo, ArcelorMittal e i sindacati Fiom, Fim e Uilm sull'ex Ilva. Dall'incontro, secondo quanto riferito dai sindacati, Arcelor Mittal ha ribadito che il problema fondamentale e' lo scudo penale e che se non verra' ripristinato si proseguira' sulla strada del recesso del contratto di affitto. "Mittal sa dove andare e cosa vuole - commenta Manganaro - mentre il governo e' confuso. O torna lo scudo penale oppure gli impianti si fermeranno. Ora i segretari nazionali sono riuniti per decidere come rispondere, perche' oggi le voci dei sindacati sono state ovviamente unitarie nel chiedere a Mittal di stoppare la procedura di spegnimento. Per quanto riguarda lo stabilimento di Cornigliano il messaggio che abbiamo mandato e' stato chiaro: se e' cosi' a Genova si balla". "La situazione e' drammatica, Mittal e' determinata e il governo continua a sbagliare" aggiunge il segretario della Fim Cisl Liguria Alessandro Vella. "Se il premier a questo punto non si sveglia e non riapre la trattativa con Mittal - dice - il 4 dicembre tutti i lavoratori torneranno in Ilva in amministrazione straordinaria e a Genova la mobilitazione sara' dura"
IL COMMENTO
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