
"Noi ogni giorno esponiamo all'ingresso le fatture di dove abbiamo fatto la spesa del giorno in modo tale che i clienti sappiano quali sono i nostri fornitori", racconta un ristoratore genovese, Beirong Chin, arrivato in Italia da 35 anni. "Soltanto il 20% dei prodotti che usiamo è importato dalla Cina ma siamo noi i primi a fidarci della dogana e dei controlli italiani".
Ma intanto le mascherine sono sold out e in giro chiunque abbia tratti asiatici viene guardato con sospetto. "A me non è successo, ma ho sentito ai notiziari che ci sono stati dei veri e propri episodi di razzismo qui in Italia e questo succede perché ancora non è un paese così multietnico come gli altri", commenta Chin. Questa paura, però, rischia di aggravare una situazione economica già compromessa e ogni giorno tante attività devono fare i conti con il calo del fatturato.
"Credo che andare al ristorante cinese oggi sia come andare al ristorante italiano, non c’è nessuna differenza", conclude lanciando l’appello a chi è più diffidente. "Noi siamo attività italiane a tutti gli effetti, siamo soggetti alla partita Iva italiana e facciamo parte dell’economia italiana: teniamo duro ma non sappiamo fino a quanto".
IL COMMENTO
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