cronaca

A un anno e mezzo dal crollo
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Clacson e applausi. Sono le 11.36 sembra primavera ma il sole caldo non basta ad asciugare le lacrime. Lacrime dei familiari delle 43 vittime del Morandi, di semplici cittadini ma le lacrime sono anche le mie come quelle di tanti colleghi che da 18 mesi raccontano questa tragedia.


Alle 11.30 i familiari hanno occupato prima la carreggiata in entrata a Genova Ovest e poi scavalcando il guard rail anche quella in uscita. Hanno bloccato il traffico, per una manciata di minuti, indossando delle pettorine arancioni con la scritta “viaggiare con prudenza destinazione Paradiso…in attesa di giustizia” e in mano una rosa bianca a ricordare chi ha perso la vita 18 mesi fa.


Fermi sull’asfalto riconosco tanti visi che sono diventati familiari in questi mesi. Guardo il dolore nei loro occhi, osservo gli abbracci, le mani strette per farsi forza. Quasi nessuno riesce a trattenere le lacrime e proprio quando il dolore sembra essere troppo forte, i clacson degli automobilisti e dei camionisti momentaneamente bloccati, iniziano a suonare in segno di solidarietà. Scattano gli appalusi di ringraziamento dei familiari. E i cuori si scaldano.


I singhiozzi aumentano ma sono coperti dai clacson e dagli appalusi. La tensione sembra sciogliersi mentre i familiari si dirigono sotto la sede del primo tronco di Autostrade per lasciare 43 rose bianche in ricordo dei loro cari. Ed è proprio lungo quei pochi metri che ci si ritrova stretti in abbracci veri, sinceri, che non possono essere descritti perché dicono tutto nel silenzio.


Chiudo gli occhi, sento fisicamente il dolore di queste mamme e non posso trattenere le lacrime. Sopra o sotto il Morandi potevo esserci io come chiunque.


Diciotto mesi dopo il crollo del Morandi questo minuto di silenzio rotto dai clacson e dagli appalusi ha scaldato i cuori di tutti.