La scala del disagio da Coronavirus è ampia. E per ciascuno ha un proprio ordine gerarchico. C'è chi deve gestire i figli e non può contare sulle colonne della società contemporanea, i nonni. C'è chi fa la maestra d'asilo, magari a partita iva, e con la conseguente chiusura, non riceve stipendio. Chi ha l'albergo vuoto e ha lasciato a casa il personale. Difficoltà pesanti, certo. Amarezze frustranti. Tuttavia, situazioni, in qualche modo, risolvibili e ben differenti da quelle di chi lotta per la vita in una stanza d'ospedale assistito da personale medico e infermieristico in trincea da giorni.
Al tempo del Coronavirus, le forme d'insofferenza coinvolgono ogni generazione. Si fanno sempre più incomprensibili nell'età di chi, le difficoltà vere, l'ha vissute veramente, post guerra, a metà del secolo scorso. E così i ragazzi sono increduli di non poter andare in discoteca, i bambini ad allenamento e i giovani genitori a trascorrere del tempo con i loro figli (l'aspetto buono della pandemia).
Tutto quanto fa più o meno notizia, tanto in tv quanto sui giornali. Con servizi a pagina intera o mediante un trafiletto, se ne parla. Neppure fa differenza, a prescindere dalla sensibilità di ognuno, la protesta dei carcerati anche loro costretti alle conseguenze da Coranavirus con azioni rumorose e drammatiche.
Una categoria, sola, pare non avere voce: le migliaia di persone ricoverate in reparti ospedalieri o in strutture sanitarie. Uomini e donne magari non più così lucide da capire cosa stia succedendo là fuori. Spesso nonni, colonne contemporanee (vedi sopra), che fino a qualche giorno fa avevano un figlio, una moglie o semplicemente un amico accanto per stringere la propria mano e trovare il coraggio di andare avanti nella propria sfida quotidiana.
Un'opera di generosità vietata da alcuni giorni in gran parte degli ospedali del nord ovest italiano e anche in Liguria con duplice sofferenza: quella di chi prendeva la mano - che d'improvviso non l'ha più avuta - e pure quella di chi, quella mano, non può più darla e non ha più notizie del paziente perché quella non è la generazione dei social e talvolta neppure dei telefonini.
Si può fare diverso? C'è una ricetta differente? E' una polemica? No, quel provvedimento non ha alternative ed è stato pensato per la duplice tutela. Evidenza disarmante. Ma, senza declinazione da libro Cuore, tra pensieri per bambini, albergatori e carcerati, un abbraccio virtuale è dedicato a chi, in questi giorni, ha visto cambiare il mondo intorno al proprio letto. E d'improvviso vede solo estranei. Li vede nel silenzio che non fa notizia.
cronaca
Il disagio da coronavirus e il dolore che non fa notizia
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