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Ecco cosa cambierebbe
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Italiani chiamati alle urna per il referendum sul taglio dei parlamentari. Il quesito - fissato in precedenza per il 29 marzo scorso e posticipato per l’insorgere dell’emergenza Covid - è stato indetto per approvare o respingere la legge di revisione costituzionale su 'Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari'.

Questo referendum (si vota domenca 20 settembre dalle 7 alle 23 e lunedì 21 settembre dalle 7 alle 15) rappresenta il quarto referendum di tipo confermativo nella storia della Repubblica e non prevede il raggiungimento di un quorum per essere valido e quindi vincerà il 'Si' o il 'No' nelle percentuali che usciranno dallo scrutinio dei voti. Alle ore 12 l'affluenza attestata in Italia era del 11,07%. Alle 19 poco sopra il 30% degli aventi diritto si è presentata ai seggi. Alle 23, al termine della prima giornata in Italia ha votato oltre il 39% degli aventi diritto. Il dato della Liguria è superiore e si attesta intorno al 45% ma a pesare in questo senso sono le contemporanei elezioni regionali.  

Il testo oggetto del quesito ha avuto il via libera definitivo da Montecitorio l'8 ottobre 2019 e prevede il taglio del 36,5% dei componenti di entrambi i rami del Parlamento: da 630 a 400 seggi alla Camera, da 315 a 200 seggi elettivi al Senato. La legge di revisione costituzionale è stata approvata in doppia lettura da entrambe le Camere a maggioranza assoluta, secondo quanto previsto dall’ex articolo 138 comma 1 della Costituzione.

Tuttavia, visto che in seconda deliberazione, al Senato (11 luglio 2019), il testo non è stato approvato a maggioranza qualificata dei due terzi dei componenti, un quinto dei senatori (il numero effettivo è stato 71) ha potuto richiedere il referendum confermativo, come stabilisce l'articolo 138, comma 2, della Carta Costituzionale, depositando una richiesta in Cassazione il 10 gennaio scorso.

Non è la prima volta che si prova a ridurre il numero di parlamentari nei due rami del Parlamento: alla luce del varo delle amministrazioni regionali, nel 1970, e del Parlamento europeo, nel 1979, che prevedono degli eletti decisi con scadenze elettorali.