Sono anziano e rispetto tutte le regole di Conte. Non contento. Sto in casa e esco soltanto, nella settimana, per necessità vitali: una commissione, una visita medica, il tempo strettissimo di girare alcune scene del docufilm sulla storia di Genova che spero presto, Covid permettendo, vedremo a Primocanale, una breve passeggiata per incontrare, all’aperto, i miei nipoti.
Esco con la mascherina: chirurgica se passeggio in una strada non affollata, altrimenti l’inesorabile ffp2, per folla e negozi o in genere luoghi chiusi. Faccio così, fermamente convinto di salvaguardarmi per quanto possibile e fare lo stesso con i miei simili. E m’incavolo quando incrocio vecchi come me con immani nasi allo scoperto. Non sono assolutamente contento, ma di sera non esco. Ascolto i confusi dispacci politico-sanitari: venerdì record di contagiati e di tamponi, domenica, calo di contagiati (con meno tamponamenti…orrore linguistico!), lunedì impennate (tamponamenti ricresciuti). Non sopporto più i talk virologici e soprattutto quelli nei quali alcuni illustri letterati dispensano consigli scientifici.
Detto questo mi va bene che in siffatta emergenza incredibile gli anziani come me abbiano orari di uscita ristretti e definiti, magari nelle ore centrali della giornata, quando i più giovani dovrebbero lavorare o studiare a casa. Vorrebbe dire supermercati meno affollati e idem per i disastrati autobus cittadini. E di conseguenza qualche libertà limitata in più per i meno fragili e i poveri ristoratori. Rispetto Conte (anche se non sono del tutto politicamente d’accordo con lui) e non vorrei essere al suo posto, a decidere coprifuochi in emergenza, mentre gli altri, tutti, politici di opposizione e imprenditori, giornali e opinionisti (cosiddetti) sproloquiano da luglio, inneggiando a treni strapieni, movide sudaticce, piazze da palio, banchi da scuola a trazione integrale, e disseminando di droplets infettanti spiagge e valli alpine. Chissà che cosa sarebbe successo se ci fossero stati questi a decidere!
Certo, caro professor Conte, se voi e le Regioni aveste cominciato subito a riorganizzare la sanità pubblica territoriale, assumendo medici e infermieri, aprendo locali di assistenza (quelli che dovrebbero diventare i centri/ospedali di comunità), insomma riflettendo che, in caso di pandemia bis tutti avrebbero ingolfato gli ospedali, ora un po’ meglio andrebbe. Il guaio è che la sanità pubblica nazionale e regionale non riesce a curare i malati di Covid a casa.
Quante sono le squadre di assistenza medica a domicilio? Possibile che i medici di famiglia siano sempre lasciati soli? La crisi dei medici è storia vecchia. Ricordo due anni fa durante un’intervista il racconto di un medico ospedaliero abbondantemente ultrasessantenne costretto a fare turni massacranti di notte al pronto soccorso. E’ evidente come in un disastro del genere provocato da anni di sciagurate politiche bipartisan di tagli e basta oggi sia impossibile eseguire migliaia di tamponi come in Cina o tracciature chilometriche di contatti con positivi, ma immaginare a tempo qualche sostegno in più alla assistenza vicino a casa avrebbe aiutato chi ora, in corsia o nei pronto soccorso, deve affrontare lo tsunami.
Per tutto questo attendo il prossimo Dpcm per gli ultrasettantenni come me. Pronto agli orari ristretti di uscita. Sia chiaro: con libertà di mugugno totale. Perché questo diritto, né il professor Conte, né il governatore Toti possono togliermelo. Mugugno stando a casa. Se volete anche indossando la mascherina. A qualsiasi ora della giornata e della notte e a qualsiasi età.
salute e medicina
Sono pronto a stare a casa ma non c'è sanità territoriale
Quante sono le squadre di assistenza medica a domicilio?
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