La crisi aperta dalla seconda ondata di pandemia è più profonda persino di quanto appaia. Nel mirino c'è prima di tutto il governo. E non dovrebbe sorprendere. In occasione del lockdown della scorsa primavera, le persone stavano a casa, andavano sui terrazzi e cantavano. Oppure appendevano lenzuola con scritte tipo "andrà tutto bene" oppure "ce la faremo". Tutti si rendevano conto che il governo doveva gestire un compito improbo, oltretutto a sorpresa, e di fronte al quale anche gli scienziati dovevano ammettere di trovarsi impreparati. C'era, dunque, la concessione di "attenuanti generiche" grazie alle quali il premier Giuseppe Conte veleggiava nei sondaggi e tutto sommato lo stesso facevano i partiti della maggioranza.
Adesso non è più così. Le persone sono esacerbate, incazzate nere, incredule di fronte all'impreparazione del Paese. Non cantano più, vanno in piazza a protestare e rispondono con un raggelante "pazienza" quando si osserva che le proteste civili vengono infiltrate dai violenti, come avvenuto a Napoli, a Torino, a Roma. Oppure restano civili, ma hanno una fermezza rara come a Genova.
Il punto è che gli italiani sono disorientati, perché sono trascorsi mesi durante i quali il governo si è autoincensato e l'opposizione ha quasi sposato la causa negazionista del Covid. Solo che durante questa ubriacatura di parole al vento, nessuno - o pochi - hanno fatto quel che serviva. Un ministro, mica uno qualunque, il ministro della Sanità, Roberto Speranza, ha scritto un libro dal titolo 'Perché guariremo', ma al momento di farlo uscire lo ha bloccato: "Vista la recrudescenza della pandemia, non ho tempo da dedicare alla presentazione" è stata la spiegazione invero poco credibile.
La verità è che ora le persone si ritrovano a sentir parlare di chiusure che drammatizzeranno le condizioni economiche e addirittura di un nuovo lockdown che metterà in ginocchio l'economia, quindi le imprese, di conseguenza i lavoratori e da ultimo le famiglie. Siamo nell'imminenza di una devastazione sociale senza precedenti nell'Italia repubblicana. I governanti non si divertiranno a prendere certe decisioni, ma lo andassero a raccontare a ristoratori, baristi, operatori della cultura e via elencando: si sono messi in regola con le precedenti prescrizioni eppure vengono ri-chiusi. Più di qualche conto non torna.
Difatti si potrebbero tenere molti discorsi su ciò che andava fatto e invece è rimasto lettera morta. A cominciare dai trasporti. La ministra responsabile, Paola De Micheli, spiega che "i treni dei pendolari non hanno gli stessi distanziamenti di quelli a lunga percorrenza perché i passeggeri hanno un ricambio continuo e le porte dei convogli si aprono a ripetizione". Domanda: ministra, quant'è che lei non sale, se ci è mai salita, su un treno per pendolari, con studenti e lavoratori?
Poi ecco il governatore ligure, Giovanni Toti, dire una verità solare: "In troppi vanno in ospedale solo per paura, manca un filtro territoriale". Per quanto riguarda il primo aspetto, un'autocritica deve certamente farla l'informazione, che troppo spesso diffonde la paura e finisce, appunto, per spingere anche chi non ne ha bisogno verso gli ospedali.
Ma se manca un filtro territoriale, come dice lui, Toti è proprio certo che la 'sua' Regione non abbia alcuna responsabilità? Se l'ex assessore alla Sanità, la leghista Sonia Viale, è stata sonoramente bocciata dagli elettori alle elezioni regionali di appena un mesetto fa non sarà perché i liguri hanno valutato che, fra l'altro, sono mancati quegli interventi che avrebbero dovuto rinforzare la sanità territoriale?
Su una cosa il governatore ligure, invece, ha ragione: basta con decisioni a ripetizione e spesso contraddittorie, perché hanno la sola conseguenza di disorientare le persone. Dunque, meno parole, più fatti e una politica che rammenti di essere davvero al servizio del cittadino. Perché in questa fase, mentre dice esattamente il contrario, sembra essere contro il cittadino. Questo è. E pazienza se qualche anima candida mi bollerà come qualunquista.
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Covid, la rabbia cancella le attenuanti generiche
Meno parole, più fatti e una politica davvero al servizio del cittadino
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