Tra Palazzo Chigi e Quirinale ci sono poche centinaia di metri, ma la distanza si è fisarmonizzata più volte nelle ultime ore. Conte sembrava dovesse salire in serata al Colle per dimettersi, dopo un consiglio dei ministri monotematico sul caso-Cio; quindi il colloquio con Mattarella è stato rinviato alla mattinata successiva. Sembra che il capo dello Stato non abbia gradito l'unilateralità dell'iniziativa, di cui gli uffici presidenziali non erano stati preventivamente informati.
Resta che Conte ha rinviato il consiglio dei ministri, guadagnando una notte forse utile a negoziare la cooptazione di altri senatori "costruttori" per superare l'ostacolo del voto sulla giustizia, che vede il guardasigilli Bonafede più che a rischio. La caccia ai parlamentari del centrodestra idonei a colmare la defezione dei renziani non ha finora dato risultati numericamente convincenti; così Conte pensa di far leva sulla paura della mancata rielezione, sia per i sondaggi sia per il taglio costituzionale delle assemblee legislative, per aggregare un novero di sostenitori in grado di garantirgli almeno il reincarico con numeri certi.
Le intenzioni di Conte, e dei suoi suggeritori Grillo e Casalino, sono imperscrutabili. Non è da escludere che il primo ministro voglia davvero usare l'arma delle elezioni, anche soltanto minacciandole per rastrellare un plotone di peones atterriti dal ritorno a casa, che però finora non hanno risposto alla chiamata. Certo la sincerità con cui il senatore Ciampolillo, espresso in extremis il voto favorevole al governo, aveva espresso il desiderio di ottenere il ministero dell'Agricoltura, non ha destato entusiasmo né al Colle né soprattutto nelle altre cancellerie occidentali, preoccupate per l'evoluzione della crisi nella prospettiva di un governo raffazzonato tenuto insieme solo dalla paura del voto.
Incalzante è l'onda dei "governisti" del PD, pronti a riammettere Renzi in maggioranza se non addirittura nel partito: in questo caso lo schema prevedrebbe Gualtieri a Palazzo Chigi, con l'ex presidente in un ruolo funzionale alle non nascoste ambizioni per la segreteria generale della Nato: Esteri o Difesa. In queste ore circolano poi due nomi: Patuanelli e Berlusconi. Il primo, attuale ministro dell'Industria, potrebbe succedere a Conte nel caso si formasse nelle ore notturne una maggioranza allargata a Forza Italia e ad altri spezzoni centristi. Prospettiva che piace poco a Salvini, deciso a chiedere il voto o - in subordine, d'accordo con Giorgetti - un governo di larghe intese guidato da Draghi, mentre la Meloni sembra la sola a restare ferma sulla linea delle elezioni anticipate. Quanto al Cavaliere, il vecchio sogno di chiudere la carriera politica alla presidenza della Repubblica sembra tornato di attualità, per lo meno nella sua cerchia ristretta: ma già una volta Berlusconi è stato tradito dal Pd, Renzi segretario, quando il "patto del Nazareno" si era infranto proprio sul Quirinale, quando il candidato condiviso Giuliano Amato era stato bruscamente accantonato a favore dell'altro giudice costituzionale Mattarella, eletto unilateralmente al quarto scrutinio senza il concorso dell'opposizione. Forza Italia ha però un gruppo parlamentare ancora in grado di fare la differenza, nell'attuale composizione delle Camere, e soprattutto con poche speranze di mantenere l'attuale consistenza alla prossima tornata elettorale: stato d'animo comune a quasi tutti, il che depone a favore di una prosecuzione a qualsiasi costo della legislatura, tanto più che il 3 agosto 2021 scatta per Mattarella l'impossibilità costituzionale di scioglimento delle Camere.
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Conte andrà al Quirinale per le dimissioni, ma tutti hanno paura del voto
Il presidente del Consiglio spera nel reincarico, ma al centro dei giochi torna Berlusconi
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