L’idea astratta di Mattarella, ovvero un “un Governo di alto profilo” e soprattutto “che non debba identificarsi con alcuna formula politica”, comincia a misurarsi con la realtà prosaica delle forze di partito, impegnate a marcare il territorio fin dal primo giorno di consultazioni con il presidente incaricato Mario Draghi. L’ex presidente BCE poco si cura di queste ampiamente previste fibrillazioni: il capo dello Stato non prevede ormai alternative a un suo governo, come ha fatto capire nel breve discorso tra il congedo di Fico “esploratore” e l’annuncio da parte del segretario Zampetti della convocazione di Draghi.
Ancor prima degli incontri formali dell’incaricato in una sala di Montecitorio, il presidente uscente Conte ha escogitato il colpo di teatro di una conferenza improvvisata in piazza Colonna, con tavolino orientato in modo di avere alle spalle non Palazzo Chigi ma la Galleria Alberto Sordi. Ennesima trovata di quel Casalino dal quale evidentemente non riesce a staccarsi, seppur la sua almeno irrituale idea di comunicazione istituzionale – in un contesto in cui molto spesso la forma è sostanza - stata uno dei principali addebiti mossi da più parti al primo ministro uscente.
L’avvocato foggiano si è stentoreamente proposto come guida dei grillini con uno slogan da stadio (“ci sono e ci sarò”), invitando i parlamentari M5S ad appoggiare Draghi: questo consentirebbe non solo – secondo voci ricorrenti – una sua permanenza al governo, sia pure in un ruolo giocoforza declassato rispetto alla presidenza, ma soprattutto all’attuale maggioranza di limitare gli apporti esterni al minimo indispensabile, con buona pace del vincolo mattarelliano di assenza di identificazione con una formula politica.
La contraddizione contenuta nel discorso di Conte è stata ripresa da altre dichiarazioni di giornata di esponenti apicali della maggioranza uscente, come il segretario PD Zingaretti che ha parlato di forze “moderate liberali e socialiste” come le sole degne di aggiungersi al nucleo forte giallorosso. Tassative poi le parole dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini: “Draghi merita una maggioranza ampia e coesa – ha scritto su Twitter – c’è però un confine invalicabile come ha detto Zingaretti. Pd non può governare con la destra antieuropeista e sovranista”.
Pronta la replica del segretario della Lega Salvini: “Si parla di “responsabilità”, “costruttori”, “salvezza nazionale”, ma poi continuano a rivolgersi così verso la Lega. Mentre la sinistra dell’ideologia e del pregiudizio insulta, noi ci confronteremo sui temi concreti: lavoro, tasse, scuola e salute. Chi sono gli irresponsabili? Se qualcuno – ha concluso – ha in mente la riedizione del Conte ter con Draghi al posto di Conte allora no, non ci interessa”.
Meno ruvido ma altrettanto chiaro Giovanni Toti, tra i più interessati – anche in prospettiva futura – a una correzione in senso moderato sia della maggioranza in costruzione, sia dello stesso centrodestra: “Trattandosi di un governo di unità nazionale, mi aspetto che tutti partecipino e che vi siano le condizioni perché tutti partecipino. In giornata ho letto post e tweet di chi distingue tra destre populiste, destre sovraniste, destre storiche: non è questo lo spirito giusto, così come non lo sarebbe la riedizione del Conte-bis con appiccicato qualche spezzone estemporaneo".
Tutti hanno ben presente il nodo del contendere: in caso di pieno appoggio parlamentare grillino al presidente incaricato, Draghi avrebbe gli stessi numeri iniziali del Conte-bis e quindi gli eventuali nuovi arrivi in maggioranza sarebbero superflui e quindi banalmente decorativi. Tocca pertanto alla delegazione gialla a Camera e Senato accettare o meno l’invito di Conte, così come in ultima istanza allo stesso Draghi ratificare o meno i veti su questa e su quella forza politica intrecciatisi in giornata.
La riunione a tarda sera dei gruppi renziani anticipa i colloqui di venerdì. Dalle 11, è la volta delle Autonomie, di LeU, Iv, Fdi, Pd e Fi. Si chiude sabato dalle 11 con la Lega e M5S, i due partiti più rappresentati in Parlamento. Quindi Draghi salirà al Quirinale a sciogliere la riserva, probabilmente con la lista dei ministri già in tasca. Da più parti si sostiene che l’elenco sia già stato redatto, d’intesa con Mattarella, nei giorni precedenti la convocazione al Colle e il conferimento formale dell’incarico. L’alternativa non sarebbe tanto il voto, quanto un governo di minoranza fondato direttamente sull’appoggio non tanto delle aule, ma dello stesso Quirinale. E il semestre bianco dista ormai soltanto meno di sei mesi.
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Governo: i partiti già mettono veti, ma Draghi ha dalla sua la "polizza Quirinale"
Il primo giorno di consultazioni vede Conte "in piazza" e le prime schermaglie politiche
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