ti scrivo in quanto spezzino doc, profondo conoscitore della realtà aquilotta e autore dell’ultima, interessante intervista con il sindaco Peracchini sulla cessione dello Spezia calcio agli americani. Visto da fuori, il modo in cui l’ambiente ha vissuto questa vicenda ha a dir poco dell’incredibile. Specie per chi, in un periodo non troppo lontano (giugno 2014), ha attraversato una situazione simile sulla sponda della Sampdoria, regalata dalla facoltosa famiglia Garrone allo sconosciuto, presunto imprenditore Massimo Ferrero.
Gabriele Volpi, quasi perennemente contestato dalla “piazza”, ha prelevato lo Spezia in serie D e lo lascia strasalvo in serie A, con due centri sportivi completamente rinnovati, il bilancio economico in attivo ed un interessante ed avviato progetto di ristrutturazione del glorosio stadio “Picco”. Lascia le Aquile - prestigiose per la storia sì, ma abbonate per lo più alla serie C - non ad un folcloristico bancarottiere senza risorse ma ad un finanziere sulla carta sufficientemente affidabile (fermo restando che, quando muta una proprietà, non si possono avere certezze sul miglioramento). Volpi, mai amato nella città del golfo, anzi, spesso osteggiato per i frequenti ed un po' schizofrenici cambi di dirigenza, lascia lo Spezia senza ottenere in cambio la Luna, ma poco più di una buonuscita.
Perché voi spezzini siete così arrabbiati? Perché il sindaco, di fronte ad un’operazione di così ampia portata, si rammarica perché Volpi non gli ha… telefonato? Sembra quasi che si guardi la pagliuzza nell'occhio senza vedere la trave. Siamo e siate realistici: il ciclo di Gabriele Volpi, la cui età avanzata può anche avere contribuito alla scelta di distaccarsi dallo Spezia, si era esaurito e si era esaurito con il raggiungimento dell'apice della serie A. Il più grande errore dei Garrone fu quello di non trovare una soluzione - magari migliore di quella poi reperita - dopo la conquista del preliminare di Champions, con il "vecchio" Duccio alle prese con la malattia e una famiglia allargata dilaniata dalle differenti posizioni. Cosa poteva esserci dopo la Champions? Lo scudetto, forse?
Non è scontato che, se uno è ricco, debba buttare i soldi a pioggia nel calcio. Smise di farlo persino Berlusconi, che è uno dei più ricchi di tutti. Per non dire Moratti. Resta il fatto che Gabriele Volpi si è rivelato di gran lunga il presidente più efficace e lungimirante nella storia dello Spezia. Uso il termine "efficace" perché non mi permetto di entrare nelle pieghe dei sentimenti dei tifosi aquilotti, che rispetto con profonda ammirazione per il loro amore verso la squadra e per le buone battaglie che nel nome di essa hanno combattuto (Tonellotto docet).
Ti chiedo e vi chiedo il perché di questo accanimento verso Volpi proprio nel momento in cui esce di scena, in maniera magari poco elegante, ma pure sobria e dignitosa. Davvero solo perché non vi ha comprato un calciatore in più a gennaio? Davvero pensavate che "dovesse" portarvi in Europa League al primo di serie A della vostra storia? Suvvia...
Lo chiedo con benevola curiosità, da “cugino” che vi vuole bene, vi osserva e cerca di comprendervi. Ma non ci riesce, malgrado lo sforzo.
Caro Maurizio,
credo di essere la persona giusta per provare a risponderti: è vero, sono uno spezzino purosangue, ripieno dei pregi e dei difetti che abbondano in riva al golfo dei poeti. Ma sono, contemporaneamente, innamorato della Sampdoria, ho vissuto sulla mia pelle il passaggio di proprietà dei blucerchiati e sono stato vicinissimo a Duccio Garrone per una parte significativa della mia vita professionale. E, la sai una cosa? Le due situazioni sono molto più simili di quanto tu non riesca a immaginare.
Gabriele Volpi, infatti, ha molti tratti in comune con la famiglia che ha guidato il Doria per 16 anni: entrambi ‘ricchi come il mare’, garanti della stabilità e della competitività delle rispettive squadre ma anche distaccati e freddi. Volpi, per di più, quasi totalmente assente dalla tribuna del Picco, alieno alle dinamiche e alla vita della città. Un minus che una parte della tifoseria non è mai riuscito a digerire.
Eppure la contestazione di cui parli non ha coinvolto la maggioranza: è vero, a leggere certi profili social la proprietà spezzina non ha riscosso la benevolenza che ci si aspetterebbe in una condizione simile ma il grosso degli appassionati ha sempre riconosciuto in Volpi l’uomo che ha garantito alla squadra una stabile e ambiziosa presenza in serie B. Era il sogno collettivo e lui lo ha realizzato fino all’impensabile e bellissima promozione in serie A.
Sono sempre stato un ‘volpiano’ di ferro e ho contestato con forza lo sciocco slogan ‘meglio l’eccellenza di questa dirigenza’ che talvolta è emerso. Ma ciò che è avvenuto nelle ultime settimane ha dell’incredibile e non può essere derubricato: lo Spezia è un valore sacro per chi è nato dalle mie parti e il modo superficiale e, ancora una volta, distaccato con cui è stata condotta la cessione è, ai miei occhi, intollerabile. Raggiunta una posizione che per noi somiglia al ‘nirvana’, mai avremmo immaginato che l’uomo che l’aveva conquistata si defilasse senza neanche salutare.
Da una delle proprietà più facoltose dell’intera serie A, poi, ci saremmo aspettati una maggiore ambizione: nessuno chiedeva che Volpi sconfinasse nella follia ma era davvero così difficile mettere nelle mani dell’ottimo Vincenzo Italiano un paio di pedine di esperienza per tentare seriamente di centrare la salvezza? Magari a gennaio, dopo che la squadra aveva dimostrato un commovente attaccamento alla maglia e una voglia indomabile di mantenere la massima serie? E invece, all’acme di una storia centenaria, è prevalso il solito, insopportabile disinteresse culminato in una cessione fatta in gran segreto, senza coinvolgere nessuno, condotta da prestanome. Proprio come avvenne a Genova in quel drammatico giugno del 2014.
Mentre il Sindaco Peracchini, tifoso vero e non d’occasione, si impegnava strenuamente per dare alla città uno stadio all’altezza della nuova dimensione la dirigenza spezzina non si degnava di un commento, di una rassicurazione. Un assordante silenzio che per gli appassionati non è comprensibile.
E poi l’ultima stazione, quella che ci porta in America. Cosa ci fa essere sicuri che Robert Platek rappresenti quella garanzia di continuità che per qualcuno è scontata? Chi è questo signore americano, quali sono i suoi progetti, perché acquista una squadra di calcio in uno dei campionati più competitivi del mondo nel mese di febbraio, senza alcuna possibilità di rinforzare la rosa? Perché, come sembra, sono stati fissati dei bonus in caso di salvezza? Non sarebbe stato più serio iniettare quel denaro già a gennaio, così da irrobustire le nostre speranze?
E ancora: se è vero, ma la comunicazione è così scarna che per ora lo possiamo solo supporre, che sono previste percentuali sulla rivendita dei giocatori attualmente in rosa (Nzola, Maggiore?), cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima estate? La smobilitazione? Senza stadio, con una rosa poco competitiva e abbandonata al suo destino, siamo sicuri che la salvezza, che per noi è l’unica cosa che conta, sia considerata una priorità?
Sarò sempre grato a Gabriele Volpi per quello che ha fatto: si può persino dire che la società gliel’abbia consegnata io, visto che ero uno tra le migliaia di tifosi che versarono di tasca propria mille Euro (qualcuno anche molto di più) per tentare di salvarla, in quel drammatico 2008. Ho pianto come un bambino in diretta tv quando Luca Sacchi ha fischiato la fine di Spezia-Frosinone il 20 agosto, decretando la nostra promozione in serie A e devo a Volpi e al suo denaro tutte le gioie accumulate in quasi 13 anni. Ma ora mi sento un amante tradito.
Se per te non è facile capirmi, ho molti dubbi che Mr. Platek possa riuscirci: il calcio è passione, vita, religione. “Gli italiani prendono le guerre come fossero partite di calcio e le partite di calcio come fossero guerre”, disse una volta Winston Churchill. Ecco, Maurizio e Robert: gli spezzini anche di più.
Matteo Cantile
IL COMMENTO
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