politica

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"La cosa più importante è che sia diventata marginale la cultura della decrescita felice e del no nel mio giardino". Parole che Raffaella Paita, presidente della Commissione Trasporti della Camera ha pronunciato durante l'intervista concessa a Terrazza Incontra su Primocanale. E se dicessi... No, lo dico proprio: sono d'accordo con Paita. Onorevole, è da un po' di tempo che mi capita di stare sulle sue stesse posizioni, soprattutto quando parla di Liguria.

Chi non ha memoria corta, e certamente lei non l'ha, ricorda di sicuro che da direttore proprio di Primocanale mi schierai, e schierai la televisione, contro la sua elezione a governatore ligure. Non la ritenevo idonea. Al netto dei miei sempre possibili errori, credo di essere persona intellettualmente onesta. Così oggi affermo che la ritengo assolutamente adatta al ruolo che riveste a Montecitorio.

So che non le serve la mia pagella, ci mancherebbe. E neppure saprei dire se c'è stato un percorso di sua crescita (mi piace crederlo per non dovermi rimangiare completamente il passato). Di certo so che se dovessi scegliermi un presidente di Commissione lo vorrei esattamente com'è lei, anche un po' debordante rispetto alle competenze specifiche (spiega che sui temi viabilistici si allarga essendo più la Commissione Ambiente a decidere) e con molta grinta.

Sono d'accordo anche quando spiega che si riterrà orgogliosa del lavoro fatto se porterà a casa il raddoppio ferroviario del ponente ligure, la diga foranea di Genova e la Pontremolese di Spezia, ma osservando che "la ragionevolezza mi impone di chiarire che è soprattutto il raddoppio ad avere le maggiori possibilità".

Vede, normalmente i politici di oggi avrebbero citato quelle tre opere e altre ancora, ben sapendo che allargando il fronte delle attese avrebbero avuto più chances di centrare un bersaglio. Oppure sapendo che se la sarebbero comunque cavata meglio invocando l'attenuante, anzi l'assoluzione, dell'ambiziosità dei propri progetti. In termini di credibilità non c'è paragone fra il suo atteggiamento, più serio, e l'altro, più populista.

E dice una cosa vera, onorevole Paita, quando spiega che il taglio dei parlamentari, così come avvenuto, è lineare, usando un termine mutuato da anni di riduzioni dei bilanci pubblici. Con la conseguenza che regioni piccole quali la Liguria finiranno per pagare il prezzo più alto in termini di rappresentanza. Il rischio, a causa di questo taglio fatto senza bilanciamenti, è che Imperia, Savona e Spezia in futuro non abbiano più parlamentari.

Dunque, ci informa Raffaella Paita, "vedremo di fare il possibile, ma la realtà è questa". Il che ci riporta all'inizio, cioè alla marginalizzazione della decrescita felice e del no nel mio giardino. La battaglia per migliorare il nostro Paese in realtà è soltanto all'inizio e il cambio di governo, con l'arrivo di Mario Draghi, è soltanto un primo passo. Il cui merito, inutile girarci intorno come mi è già capitato di osservare, è di Matteo Renzi e di tutti coloro che hanno avuto il coraggio di seguirlo.

È un progetto che lei, Paita, ha scelto al punto di lasciare, per questa ragione, il Pd. Esponendosi quindi molto di più al pericolo di essere rispedita a casa alle prossime politiche, essendo Italia viva un partito piccolo. Ma proprio tale accettazione del rischio dimostra una non comune dedizione alla causa. Anche ciò mi piace. La "delfina", cioè la prescelta alla successione dall'ex governatore piddino Claudio Burlando, mi pare che non esista più. Al suo posto, una parlamentare a tutto tondo, capace di piena autonomia. E se per questo articolo vuole preoccuparsi, Paita, si preoccupi...