
Capita così che in via Gramsci una famiglia di panettieri peruviani per sentirsi più sicuri nelle ore della notte ha acquistato una mazza da baseball che lasciano come monito dietro il banco del negozio, come conferma Edgar Torres, il capofamiglia mostrando la mazza da baseball.
Barbara Pranzo, titolare della nota storica Corderia Nazionale dopo avere ammesso che non ha paura di lavorare nell'angiporto, rivela che mai però vivrebbe nel centro storico, "l'altro giorno ho dovuto fermare a pugni in faccia un ladro che si era rubato un giubbotto esposto".
Don Rinaldo, parroco della parrocchia di San Sisto, in via Prè invece attacca l'ipocrisia di chi "fa venire gli immigrati pur sapendo che poi non hanno speranza di offrirgli una vita decente e un'altertiva allo spaccio". "Per loro vendere droga è un lavoro come un altro" aggiunge diretto come sa fare lui che ha visto i vicoli cambiare in pochi decenni, passando dalla mala italiana, e napoletana, a quella degli extracomunitari. "Certi giorni ci sono così tanti spacciatori che non si riesce a passare, me l'hanno offerta anche a me".
La merciaia che ha il negozio di fronte alla chiesa ammette di rimanere aperta solo per non contribuire alla morte di via Prè, "qui di negozi chiusi ce ne sono già troppi".
Sono le 10.30 di mercoledì sette aprile, l'unico fascia oraria in cui il sole filtra fra i vecchi palazzi dei vicoli, ora in cui i carruggi sono ancora puliti perchè chi fa le ore piccole per spacciare dorme ancora, e poi oggi c'è un maxi pattuglione della polizia di stato e della polizia locale, ronde continue che convicono i pusher a girare alla larga.
"Sembra quasi che ci sia un piano per tenere tutti gli spacciatori qui, confinati in poche centinaia di metri" denuncia Enrico Pizzasegale, titolare dell'ultima pescheria di via Prè, abitante a Cogoleto.
IL COMMENTO
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