cronaca

Manifestazione fino alle ore 9 per dire no alle lettere di messa in libertà a 24 operai
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Ancora venti di guerra fra i lavoratori ex-Ilva di Cornigliano e l'azienda dopo la prospettiva di una cassa integrazione ordinaria che per gli operai non ha nessuna giustificazione visto che oggi come non mai il mercato richiede le produzioni dello stabilimento: questa mattina, giovedì 22 luglio, alle 7,30 gli operai erano in marcia dai cancelli delle acciaierie. Prima si sono riuniti per una breve assemblea davanti ai cancelli e poi la manifestazione. Il corteo alle 8,30 ha già raggiunto via Cornigliano per poi rientrare verso lo stabilimento e chiudersi alle ore 9.

Stavolta a fare arrabbiare i lavoratori è l'invio di 24 lettere di messa in libertà, ossia di non pagamento della giornata di lavoro e dei relativi contributi, ad altrettanti operai dei reparti ricottura e stagnatura elettrolitica che hanno preso parte allo sciopero cadenzato - un'ora al giorno - per contestare l'avvio della cassa integrazione.

L'azienda ha detto che questo sciopero a scacchiera non permette di garantire la sicurezza
nei reparti. I lavoratori non si sono detti d'accordo chiedendo di specificare dove si prospettano i rischi. La risposta di Acciaierie d'Italia non è mai arrivata.

Non solo: l’azienda ha anche negato all’Rsu la possibilità di esercitare l’assemblea retribuita prevista per domattina, giovedì, e quindi, alle 7, l’assemblea ci sarà comunque ma in sciopero.

Il nuovo attrito nasce dal fatto che i mille lavoratori di Cornigliano, come quelli degli altri stabilimenti di Acciaierie d'Italia hanno indetto un'agitazione, sciopero che però come detto a Genova è stato diversificato: invece di una giornata intera di fermo, stop al lavoro per un'ora sola e diversa per ogni reparto.

Da qui l'avviso della messa in libertà e poi l'invio, ieri, delle prime 24 lettere di stop allo stipendio della giornata di agitazione. Altre dieci lettere sono attese in queste ore.

Il comunicato della Fiom Cgil è durissimo: "Sono tornati i padroni delle ferriere, in merito allo sciopero di Genova vogliamo ricordare che in questi 4 anni di gestione Arcelor Mittal nessun investimento è stato fatto nell'impianto genovese. Quotidianamente i lavoratori vivono con la mancanza anche dei più minimi strumenti per la conduzione degli impianti: manca il gasolio per i mezzi interni, le docce nel periodo invernale sono fredde, i pezzi di ricambio a magazzino scarseggiano, sempre più numerose sono le ditte che rifiutano lavori per mancanza di pagamenti arretrati, sulle prestigiose banchine genovesi su 6 gru ne funziona una soltanto.

E’ inaccettabile quanto deciso dall’azienda sulla messa in libertà dei lavoratori, siamo di fronte all’ennesima forzatura: sono stati loro a rompere il tavolo delle trattative e questo atteggiamento provocatorio deve essere immediatamente biasimato dal Governo. A Roma devono dare segnali, nei tavoli ministeriali va sempre tutto bene poi a livello locale l’azienda fa il bello e cattivo tempo intanto i vari Ministri interessati non intervengono mai. E’ l’ora di finirla, cosa aspetta il Governo ad alzare la voce contro l’azienda? Forse qualcuno ha scordato che il Governo è azionista di Acciaierie d'Italia. Non si può andare avanti così. Chiediamo che tutta la città partecipi alla sottoscrizione che abbiamo attivato per un fondo a favore dei lavoratori”, spiega Christian Venzano, segretario generale Fim Cisl Liguria.

Sempre più frequenti sono gli incidenti all'interno dello stabilimento che mettono a repentaglio la sicurezza dei lavoratori. Ricordiamo a titolo d'esempio: due torri faro cadute, tre rotoli caduti nelle ultime tre settimane, due inizi di incendio nel ciclo latta e nel ciclo zincato solo negli ultimi giorni.

Inoltre l'arroganza dell'azienda si è concretizzata con la disdetta,
comunicata al Mise
, del premio di risultato equivalente al 3% della Ral, in violazione dell'accordo sindacale del 6/9/2018. Oltre alla riduzione dello stipendio a causa della cassa integrazione, 400 euro in meno nelle tasche dei lavoratori. Ripetutamente - conclude il comunicato Fiom - le ferie estive sono state tramutate in cassa integrazione guadagni all'insaputa dei lavoratori.

In ultimo assistiamo alla messa in libertà dei lavoratori che esercitano il sacrosanto diritto di sciopero, definito impropriamente dall'azienda come sciopero a scacchiera.

Con questa arroganza e protervia, l'azienda
si permette di definire
rigide le posizioni del sindacato. Un'azienda che si comporta da despota asiatico di fronte alle sacrosante istanze dei lavoratori in difesa dei loro diritti. Noi non cederemo.

Chiunque capisce che questo comportamento feudale dell'azienda è possibile grazie al silenzio e all'ignavia dell'attuale governo che non è in grado di fermare i licenziamenti delle multinazionali e - concludono dalla Fiom Cgil - ricordiamo a tutti che Arcelor Mittal è una multinazionale".