Dunque ora si vota. Cominciamo a pensare al dopo. Queste elezioni hanno già raggiunto un risultato: quello di provocare uno scossone all’interno dei partiti che è destinato a cambiare, quale che sia l’esito che uscirà dalle urne, il nostro vecchio e consunto sistema politico. Forse dovremo cominciare a ragionare sulla politica in modo diverso, meno italiano, cioè con meno artifici e più europeo, cioè più con schemi più semplici. Non è un cambiamento da poco e già dalle prime settimane dopo il voto capiremo che scenari ci attenderanno nei prossimi anni.
Le risposte date dai politici ai bisogni della gente sono generali, cioè uguali in tutto il Paese. Ma la Liguria, se possibile, accentua certi problemi.
Il primo quello di avere una grande popolazione anziana con tutte le conseguenze che questo comporta: forte domanda di sanità efficiente e di assistenza, dramma del caro vita, insicurezza.
Il secondo, di assistere a una fuga di giovani disorientati dall’incertezza del futuro. Scuola e Università diventano protagoniste della svolta, ma devono essere davvero meritocratiche.
Il terzo è la sensazione di isolamento che vive tutta la Liguria, un isolamento fisico, un sentirsi tagliata fuori perché le autostrade sono ingolfate, le ferrovie vecchie e incerte, l’aeroporto con modeste prospettive. Ci dovremo attendere molto dal nuovo governo sul progetto delle infrastrutture.
Il quarto, un ruolo per i nostri porti che sia scelta nazionale, cioè l’individuazione del porto di Genova e degli scali connessi ma autonomi di Spezia e Savona (un sistema portuale lungo) come sbocco per l’Europa del Nord. Quindi valichi, strade, connessioni telematiche.
Non è poco, le chances ci sono ancora, le promesse le abbiamo avute. Attendiamo i risultati ma non con le braccia incrociate.
IL COMMENTO
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