Per il Pd è venuto il tempo del consolidamento, del radicamento sociale, della attivazione di una ordinaria attività democratica. Abbiamo alle spalle una fase di avvio molto difficile, che ha dovuto affrontare una campagna elettorale anticipata non prevista, con passaggi politici ardui. Ora il risultato delle elezioni europee ci dice alcune cose importanti. E’ vero, naturalmente, che il Pd ha perso consensi. Ma essi sono rimasti nel campo del centrosinistra e dell’opposizione a Berlusconi. C’è stato un recupero rispetto alle elezioni in Sardegna e Abruzzo, rispetto ai sondaggi e a molte attese negative.
La spinta propulsiva del Pdl ha subito una battuta di arresto. E anche il centrodestra ha vissuto un travaso interno di voti a favore della Lega. Inoltre, se guardiamo al risultato nei 92 principali enti locali (province e comuni capoluoghi) in cui si è votato per le amministrative, scopriamo un equilibrio: 46 al centrodestra e 46 al centrosinistra. Ma soprattutto le ultime elezioni hanno confermato la forza e la vitalità del progetto del Pd. Le tendenze a un ritorno all’indietro, a una rimessa in discussione dell’idea stessa del Partito democratico, hanno subito un arresto. Siamo a un punto di ripartenza e di svolta positiva, sia tra i militanti, sia tra i dirigenti. E’ così che dobbiamo intendere il dibattito congressuale.
Per ora sono in campo tre candidati molto forti, tre personalità autorevoli. Un ex ministro tra i più capaci che ha partecipato alle esperienze dei due governi Prodi. L’attuale segretario, che ha guidato bene il partito in una fase molto difficile. Uno scienziato di grande fama, un cattolico che negli ultimi anni ha combattuto battaglie decisive sul fronte della laicità dello stato e dell’efficienza della sanità. Il confronto deve avvenire sulle proposte politiche rivolte al paese: bando ai personalismi e alle false contrapposizioni tra “vecchio” e “nuovo”. La mia propensione per la candidatura di Bersani è motivata dalla sua piattaforma politica, dalla mia profonda convinzione che il Pd deve divenire rapidamente un partito forte e strutturato, radicato nei luoghi di lavoro e sul territorio, capace di esprimere una cultura di governo in un passaggio di crisi drammatica per l’Italia, di fronte al quale l’esecutivo attuale dimostra ogni giorno di più la propria inadeguatezza. Ma chiunque vinca il congresso nessuna energia deve essere sprecata o emarginata: il Pd deve rimanere unito.
E mettere in campo una alleanza delle forze che, in Parlamento e fuori dal Parlamento si oppongono al centrodestra. Non una alleanza “contro”. Ma un programma comune, seriamente condiviso, per dare una svolta all’Italia. La prima scadenza sono le 13 regioni, tra cui la nostra, in cui si vota la primavera prossima. Per quanto mi riguarda in Liguria lavorerò per questo: consolidare il Pd, la sua forza, la sua unità, il suo radicamento. E farne il perno di una alleanza vasta, che valorizzi il lavoro di questi 5 anni al governo della Regione e proponga un programma di protezione sociale e di rilancio della Liguria. Come è accaduto altre volte nella storia italiana, può nascere qui un laboratorio capace di indicare una nuova strada.
* Presidente Regione Liguria
IL COMMENTO
Blazquez, basta mezze parole: è il momento di dire tutta la verità
Ddl vittime incuria, speriamo la norma non venga usata mai più