Cronaca

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Per stessa ammissione degli investigatori, sarà difficile risalire a chi ha spedito quella mail anonima al sito internet di Controinformazione e lotta alla repressione in cui si annunciava la presenza dell’ordigno poi ritrovato sul tetto di una unità mobile della polizia parcheggiata al terminal traghetti di Genova. Il sito internet, che viene gestito in Piemonte, si basa su un server con sede a Seattle. Servirebbe una rogatoria internazionale per accedere, dunque, alle informazioni telematiche necessarie per risalire all’indirizzo di posta elettronica da cui è partito il messaggio. Con tempi e modalità che non porterebbero, probabilmente, a nulla di concreto. Gli uomini della Digos di Genova stanno comunque lavorando per risalire agli autori del mancato attentato incendiario, battendo altre piste. Si scava negli ambienti anarchici, anche se la sigla che ha firmato la rivendicazione, ovvero l’associazione “Anticarceraria e prigionieri”, appare nuova. “Una sigla particolare – spiega a Primocanale uno degli inquirenti impegnati nel delicato lavoro di intelligence – che fa riferimento a una associazione mai evidenziata prima d’ora”. Ma si lavora anche attraverso dettagliati accertamenti tecnici, per studiare la composizione del pacco bomba, all’interno del quale c’erano un maglione di lana intriso di benzina e una molotov. Se l’ordigno non è esploso è solo perché gli inneschi, composti da cubetti di combustibile e da alcuni fiammiferi, si sono spenti. La potenza della bomba non era comunque preoccupante: avrebbe provocato un grande botto con relativo incendio. Al vaglio degli inquirenti ci sono anche le immagini delle telecamere della zona relative al periodo di ferragosto, per capire se sono state registrati movimenti notturni. L’ipotesi è che il pacco sia stato calato sopra il mezzo della polizia direttamente da via Buozzi, con un lungo cavo. (Davide Lentini)