"Sapevamo che si trattava di una partita a rischio, ma una tifoseria di questa aggressività non si vedeva da tempo. Questi soggetti non dovevano arrivare fino qui e andavano fermati dalla legislazione serba. Qui, però, non c'era nessuno della polizia serba. Il piano operativo era comunque calibrato per una partita ad alto rischio. Gli oggetti pirotecnici? Certi sono difficili da controllare, comunque l'obiettivo dei tifosi serbi era di far sospendere la gara. Gli stessi giocatori erano stati aggrediti a bordo del loro pullmann nel tragitto dall'albergo allo stadio. La decisione finale di sospendere la partita è stata poi presa dall'arbitro, che riteneva non ci fossero le condizioni di sicurezza per giocatori e spettatori". Il lungo monologo di Roberto Massucci, responsabile per il Viminale della sicurezza della nazionale italiana di calcio, a ridosso della sospensione di Italia-Serbia racconta e fa (parzialmente) chiarezza su ciò a cui si è assistito allo stadio Luigi Ferraris di Genova. Quella che doveva essere la festa di Genova e della Nazionale rossoblucerchiata si è infatti trasformata in una serata di vittoria dell'inciviltà, con l'impianto di Marassi e il settore ospiti divenuti ostaggio di un folto gruppo (circa 600 unità) di facinorosi ultras serbi. Prima gli scontri nel centro di Genova, con l'imbrattamento dei muri di Palazzo Ducale a De Ferrari e, secondo un primo bilancio, 3 fermi e 15 feriti tra i serbi nel contatto con la polizia. Poi i fumogeni, i petardi e il taglio delle recinzioni all'interno dello stadio, da parte dei teppisti, nel settore ospiti. Doppia interruzione della gara, stoppata poi definitivamente dal direttore di gara Thompson e cominciata con 45 minuti di ritardo (arriverà il 3-0 a tavolino in favore dell'Italia). Infine gli scontri nel perimetro esterno di Piazzale Marassi, con molti feriti (25 secondo le ricostruzioni, ricoverati tra gli ospedali San Martino, Galliera e Villa Scassi, due di questi appartenenti alle forze dell'ordine) e un clima di autentica guerriglia. Le forze dell'ordine, con ulteriori unità operative giunte da Torino e Milano, sono riuscite a poco a poco a far salire i tifosi sui pullmann e i bus dell'Amt disposti fuori dallo stadio per il rimpatrio degli stessi. Sono anche scattate le identificazioni dei teppisti (due sarebbero capi di tifoserie serbe legate all'estrema destra antigovernativa, per trovare i violenti sono stati fatti mettere a torso nudo i tifosi in modo da identificarne i tatuaggi), oltre al ritrovamento di bombe carta. Decine di arresti, trovato anche il "capo" principale della tifoseria (nella foto) che si era nascosto nel bagagliaio dell'ultimo pullmann perquisito dalla polizia. Oltre alla sconfitta a tavolino la Serbia rischia ora anche l'esclusione dalle competizioni internazionali. E dietro alla violenza dei tifosi serbi appaiono esserci motivazioni politiche. Così il presidente della Federazione serba Tomislav Karadzic (come riportato da gazzetta.it): "È un attacco allo Stato e lo Stato deve risolvere questo problema. Questo non è solo un attacco al calcio serbo, ma alla Serbia nella sua interezza, e al calcio mondiale. E’ una vergogna, ma noi a Genova da due giorni sentivamo la pressione dei tifosi intorno all’albergo, e ieri la polizia serba e la Federcalcio del nostro Paese avevano informato le forze dell’ordine italiane che c’era pericolo, che fazioni violente di tifosi erano in Italia per fermare questa partita. E non è stato fatto niente, non sono stati evitati i fatti di stasera".
IL COMMENTO
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