Attualità

2 minuti e 40 secondi di lettura

Un comunicato firmato "Le studentesse coinvolte", distribuito dai compagni in ateneo per preservare l'anonimato delle ragazze: così le vittime coinvolte nel caso del professore del dipartimento di architettura dell'Università di Genova, accusato di aver spogliato con l'intelligenza artificiale alcune delle loro foto prese dai social media e condiviso i loro scatti in una chat Telegram, hanno deciso di prendere posizione nei confronti del collettivo studentesco Cambiare Rotta

"Ora basta, parliamo noi"

Sono le sei ragazze vittime del professore che è stato subito sospeso, non appena è stata appresa la notizia delle indagini a suo carico, a prendere la parola, affidandosi a dei volantini per dissociarsi dalle proteste in corso in questi giorni in via Balbi 5, sotto al rettorato dell'ateneo. Si tratta di un collettivo comunista che ha deciso di protestare occupando l'università, prima con un sit-in e poi con due studentesse che si sono incatenate ad una colonna per chiedere l'istituzione di un centro antiviolenza. Ma le giovani hanno deciso di scrivere un comunicato per condannare quanto sta avvenendo.

"Riteniamo che questa caccia alle streghe sia deleteria per il dipartimento e per le indagini in corso e per noi, le dirette interessate. Contestiamo le modalità che il collettivo sta utilizzando, cavalcando l'onda e facendo disinformazione, ignorando l'iter legislativo che si deve seguire in queste circostanze"

Le proteste

Da due giorni e da due notti le ragazze del collettivo Cambiare Rotta si sono incatenati ad una delle colonne del rettorato, oggi altri due ragazzi si sono aggiunti alla protesta sedendosi di fronte agli uffici di rettore e prorettore. "Un centro antiviolenza è il minimo sindacale per la tutela di noi studentesse e Genova è uno dei pochi atenei ad esserne sprovvisto", aveva spiegato a Primocanale Alice Natale, una delle promotrici della manifestazione. "Abbiamo parlato con gli studenti e gli strumenti che vengono indicati non sono sufficienti", dato che la 'Consulente di fiducia', raccontano, è un indirizzo mail a cui alcuni hanno scritto ricevendo risposta anche a tre giorni di distanza. 

D'altro canto, l'università ritiene di aver già indicato gli strumenti attivi e in via di definizione per i ragazzi che volessero denunciare qualsiasi tipo di comportamento inappropriato. 

 
 

Gli strumenti secondo UniGe per confrontarsi e denunciare 

L'Università di Genova, attraverso il Comitato per le pari Opportunità, ha invitato studenti e studentesse a denunciare qualsiasi tipo di comportamento ritenuto non appropriato da parte di professori ma anche colleghi universitari. Sono diverse le figure a cui ci si può rivolgere se si è vittima di una qualsiasi discriminazione: la Consulente di fiducia, il Comitato per le pari opportunità o il Comitato Unico di Garanzia per eventuali segnalazioni o semplicemente per un confronto. L'ateneo ha accolto a partire da settembre la campagna di UniTrento #finiscequi, per rifiutare ogni affermazione lesiva basata su genere, etnia, orientamento sessuale, identità di genere, disabilità, età, religione e affiggendo una serie di manifesti nelle sedi dell'Ateneo e sui social che riportano frasi comuni, che ad una prima lettura appaiono neutre e inoffensive, ma che contestualizzate e specificate svelano discriminazioni, esclusioni, molestie. Frasi che possono causare disagio, escludere, discriminare, emarginare.

A gennaio, inoltre, è previsto l'avvio di un nuovo punto di ascolto, con uno psicologo a disposizione dei giovani.