GENOVA-In piazza De Ferrari ma anche sotto la prefettura di Genova. Sono state due le manifestazioni nel capoluogo ligure la sera del 24 febbraio, giorno in cui, alle prime ore dell'alba, le forze militari russe hanno sferrato il primo attacco all'Ucraina.
Colori dell'arcobaleno della pace di nuovo a De Ferrari in mezzo alle 500 persone che si sono riunite e la fontana colorata di giallo e blu per solidarietà al paese. Tante le testimonianze della comunità ucraina di Genova, come Viktoria, trasferita nel capoluogo ligure solo qualche anno fa: "Siamo qui per dire basta alla guerra, per far capire come ci sentiamo. Sono molto spaventata, i miei figli sono ancora là, sotto alle bombe".
Altre 100 erano fermi tra associazioni pacifiste e sindacati, davanti alla prefettura per chiedere al Governo italiano di condannare ogni tipo di violenza e di cercare soluzioni pacifiche al conflitto. Un altro presidio ("No alla guerra, né in Ucraina né altrove") è in programma sabato 26 febbraio a piazza De Ferrari a partire dalle 16,30: iniziativa a cui ha comunicato la sua adesione la Cisl Genova. Intanto nelle ultime ore oltre 4000 ucraini sono fuggiti dal paese e dalla guerra per rifugiarsi in Moldavia.
Troppa da raccontare la paura di quando ha sentito dei primi attacchi:
"Quando ho saputo, questa mattina, ho iniziato a piangere. Mi tremano le gambe da tutto il giorno, non faccio altro che pensarli".
Ha detto Viktoria.
Intanto, poco prima, nella cappella riservata sotto la chiesa di santo Stefano, punto di riferimento della comunità ucraina di rito bizantino a Genova, c'è stata una lunga preghiera. Padre Vitalj accoglie una cinquantina di cittadini ucraini, in Italia da molto tempo. Pregano, qualcuno piange senza riuscire a fermarsi con le mani intrecciate in preghiera. "Il momento è così tragico per il nostro popolo - ha detto padre Vitalj -, c'è tanta preoccupazione ma anche una sensazione di frustrazione.
Abbiamo dato qualche indicazione, secondo la provvidenza di Dio. Abbiamo letto il Vangelo, quando Gesù è stato condannato, quando il popolo gridava 'uccidilo'. Il popolo deve dire da che parte sta, invece di dire 'Uccidi' deve dire 'Pace'. Il popolo, quando non tace non si sottomette. Può vincere se dice Pace".
Intanto, poco più in la, si sono raccolte tante famiglie per stringersi in solidarietà al paese sotto attacco dell'esercito russo. Molti i bambini di Genova che, in mezzo alle 500 persone, hanno fatto sentire la loro voce mentre le donne ucraine cantavano il loro inno: "Viva la pace, abbasso la guerra".
IL COMMENTO
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