A margine della trasmissione di ricordo relativa alla tragica alluvione di Genova del 4 novembre 2011 è intervenuto, anche, l’attuale assessore regionale alla protezione civile, Giacomo Giampedrone. Oltre a rimarcare la maggiore professionalità della macchina organizzativa in tema di allerte, il riferimento della giunta Toti non si è sottratto all’annoso tema della pulizia dei torrenti in un territorio complesso e variegato come quello della Liguria con una molteplicità di caratteristiche differenti tra i vari alvei.
Tante o poche, Regione assegna risorse annuali ai Comuni per la pulizia. Quest’ultima spetta proprio agli enti municipali. Ma, anche l’asportazione di pietre o ghiaia? Secondo quanto disposto dalla normativa, risulta consentito rimuovere parte del “materiale lapideo” dal centro dell’alveo per accumularlo lungo i bordi, in pratica rafforzando le sponde e aumentando, allo stesso tempo, la portata d’acqua.
Tralasciando il problema economico – con bilanci di paesi a rischio deficit solo per gli aumenti energetici – resta l’impressione che alle prime piene, quanto accumulato verso le sponde ritorni, nuovamente, in alveo rendendo vano il lavoro con grave dispersione di soldi pubblici. Dunque, pur rimarcando che, ufficialmente, la responsabilità degli alvei è in capo ai sindaci, con una competenza più ampia di portata statale, rimane una sostanza ingarbugliata per cittadini terrorizzati dai loro torrenti e non meno per i primi cittadini.
Addirittura, alcuni di questi, riscontrando irrilevante interesse da parte delle imprese, hanno rinunciato alla possibilità offerta dalla legge della compensazione: lavori di sistemazione del letto in cambio di asportazione ghiaia. La realtà del momento fa rima con ambiguità, pareri tecnici non sempre coincidenti, tempistiche prolungate e condizione insostenibile nella quale la normativa pone i sindaci. Un’oggettività nazionale di cui la stessa Regione risulta vittima.
Assodato, dunque, lo stato attuale delle cose e delle competenze, c’è una sfida da percorrere, oggi, più forte di ieri complice una cromaticità politica da Genova a Roma mai così uniforme nel recentissimo passato. Quale? Il modello Genova applicato per i ponti, lo si introduca anche per le vicende sotto i ponti. E la Liguria ne sia capofila. Si sfrutti un asse parallelo come non mai per dire che una terra martoriata dal fango – Varazze, Cinque Terre, Genova – non può aspettare ancora inerme la prossima tragedia.
La morfologia esclusiva di questo lembo, tra mare e monti, incentivi una forza politica determinata per ribaltare una situazione quasi paradossale: rimuovere un sasso da un torrente può valere la denuncia penale nonostante asportarlo possa significare riduzione di danni per la popolazione. In sostanza, operazione buon senso. Senza scaricare ogni responsabilità su amministratori, magari di comuni da 100 abitanti.
L’assessore Giacomo Giampedrone, già sindaco e consapevole di un apprezzamento trasversale, a Primocanale accetta la sfida: “Non è questione di colore politico. Qui serve maggiore coraggio da parte del Parlamento tutto. Ricopro questo ruolo da 7 anni e dopo aver parlato della questione con l’attuale vice ministro alle infrastrutture, tornerò a farlo sui tavoli dei ministeri più legati alle tematiche ambientali o demaniali. Noi ci mettiamo impegno e determinazione, ma torno a ribadire che senza un cambio di passo nazionale restiamo tutti fermi al palo”.
IL COMMENTO
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