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Il pm Federico Manotti della Dda genovese ha coordinato l'operazione della finanza e della polizia, che ha portato alla notifica in carcere per Angelo Russo
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di Aurora Bottino

GENOVA - Dietro al bancone un sicario della camorra appena scarcerato, il locale sul mare acquistato per soli 34 mila euro, un incendio doloso sospetto e il "gestore" in carcere. È quello che emerge dall'inchiesta che riguarda, in parte, il bar Libeccio di Pegli, una bella terrazza sulla spiaggia secondo gli inquirente gestita da Angelo Russo direttamente dalla sua cella dove è ancora rinchiuso per traffico di sostanze stupefacenti.

Russo, originario del Rione Traiano a Napoli, era stato arrestato prima nel 2011 e poi a Genova nel 2019, nella sua casa di piazzetta Tabarca, nel corso di un'operazione antidroga condotta dalla Procura della Repubblica di Napoli perché facente parte di una rete di narcotrafficanti con base nel capoluogo campano.

Russo veniva descritto come un "broker" in ascesa nell'area del Rione Traiano, tanto che un collaboratore di giustizialo descriveva come fornitore di ingenti quantitativi di cocaina proveniente dalla Spagna e dall'Olanda, il tutto legato ai clan della camorra: il suocero di Russo infatti era stato indicato come il pusher del clan Di Biasi per diversi anni prima del 2000.

Sempre dall'inchiesta emergono dettagli inquietanti, come la rapina per cui la moglie lo aveva denunciato per estorsione e minaccia aggravata: la donna raccontava di essere stata vittima, nel 2017, di una rapina nella sua casa di Napoli e che i rapinatori, fingendosi appartenenti alla Guardia di Finanza, dopo avere distrutto un muro della cucina, avevano portato via un involucro di cellophane di cui non conosceva il contenuto ma che aveva in seguito appreso dal marito contenere la somma di quattro milioni di euro in contanti. L'uomo, a sua volta, aveva accusato la donna e suo padre di aver inscenato la rapina per tenersi i soldi.

Poi l'incendio che aveva coinvolto il locale denunciato nel 2016, quando il bar era una specie di ritrovo-dormitorio ed era ancora in mano a diversi proprietari. Tutti i dettagli indicavano a una pista dopolosa.

I militari del comando provinciale di Genova, dello Scico della Guardia di Finanza, personale della Squadra Mobile e del Sisco della Polizia di Stato hanno eseguito un'ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare emessa dal gip presso il Tribunale di Genova su richiesta della Direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo nei confronti di sei persone di origine campana domiciliate a Genova, sottoposte a indagini perché sospettate di trasferimento fraudolento di valori originariamente contestato con l'aggravante di aver voluto agevolare la camorra.

La storia, secondo le indagini, va cosi: dopo aver comprato e intestato il bar ad un uomo di Torre Annunziata, Liberato Soriente, che dal 2010 aveva però un reddito molto basso e viveva con la disoccupazione e quindi non avrebbe potuto comprare il bar per 30mila euro, il boss campano lo aveva ristrutturato usando fondi di "dubbia" provenienza, visto il suo coinvolgimento nel traffico di droga per conto di diversi clan della camorra. Il prestanome, poco prima della firma, aveva ricevuto un prestito da Russo di oltre 200mila euro.

Da allora la gestione del bar era stata affidata a persone di fiducia di Russo, tra le quali il figlio Mario, appositamente trasferitosi a Genova da Napoli e rimasto recentemente ferito in un agguato con colpi di arma da fuoco nel Rione Traiano. Insieme a lui anche altre persone della Campania come il noto figlio di un latitante, Francesco Cinquegranella, condannato alla pena dell'ergastolo e definito appartenente al clan Giuliano, con il ruolo di factotum ed alter ego del capo del gruppo criminale operante nel borgo di Sant'Antonio Abate.

Il pm Federico Manotti della Dda genovese ha coordinato l'operazione della finanza e della polizia, che ha portato alla notifica in carcere per Angelo Russo, mentre ai domiciliari sono finiti Francesco Cinquegranella, Mario Russo e Antonio Noveletti e all'obbligo di firma Liberato Soriente e Antonietta Russo, sorella di Angelo.

Il giudice ha escluso la sussistenza dell'aggravante mafiosa perché, in alcune intercettazioni, Russo critica il "suocero per essersi rivolto ad uno dei clan camorristici per cercare protezione dopo averlo derubato ("il padre a 63 anni si è messo dentro al sistema", aveva detto a un interlocutore). Ma comunque "è evidente che Russo abbia estrema facilità, grazie alla sua fama delinquenziale e alla platea di soggetti fidati di cui si circonda, nel gestire al meglio le proprie attività delittuose - scrive il gip - e che sia pertanto concreto e attuale il pericolo che reiteri l'attività criminosa".

Dalle intercettazioni emerge, inoltre, lo stretto collegamento con personaggi di spicco della criminalità partenopea" ed "è palese la totale inaffidabilità del soggetto e la facilità di delegare attività illecite grazie alla rete di contatti delinquenziali, anche fuori dalla Campania".

Il bar Libeccio è stato sequestrato ma l'attività proseguirà sotto la gestione di un amministratore giudiziario

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