GENOVA - È finita l'Odissea di Gigia, la tartaruga della specie caretta caretta che è stata liberata in mare questa mattina dopo il ricovero nelle vasche del centro di recupero dell'Acquario di Genova.
Il rilascio è avvenuto nelle acque al largo del promontorio di Portofino dove è stata trasportata a bordo delle unità navali della guardia costiera di Genova.
Gigia era stata trovata il 25 giugno davanti alla spiaggia di Vernazzola e portata a riva perché ritenuta in pericolo, forse intrappolata in materiale plastico. Una volta a terra è stata posta in una tinozza con abbondante acqua di mare e successivamente è stata contattata la Guardia Costiera che si è occupata del trasferimento dell’animale all’Acquario di Genova per accertamenti. Si tratta di un esemplare molto giovane: pesa 2,23 kg. e il suo carapace misura 29 cm di lunghezza curva.
Il 26 maggio c'era stato un altro rilascio in mare, quello delle tartarughe Tita e Lela che avevano ingerito della plastica (LEGGI QUI).
Al suo arrivo in Acquario, lo staff medico-scientifico ha riscontrato un restringimento, ben cicatrizzato, della pinna pettorale sinistra dovuto a un corpo estraneo. Nonostante questo, Gigia ha da subito dimostrato di nuotare senza impedimenti ed iniziato ad alimentarsi. Eseguiti tutti i controlli di routine, l’animale è stato alimentato abbondantemente per aumentare le sue riserve.
In occasione del rilascio, l’Acquario di Genova ricorda che in caso di ritrovo di tartarughe marine in difficoltà in acqua deve essere contattata la Guardia Costiera al Numero Blu “1530”, attendendo istruzioni. Non vanno trasportate a riva autonomamente. Nel caso specifico l’animale è stato catturato e trasportato a riva senza autorizzazione e inserito in una vasca con abbondante acqua. Date le sue buone condizioni è stata in grado di nuotare e respirare correttamente, ma se avesse avuto problemi di varia natura questo procedimento avrebbe potuto determinarne l’annegamento.
Gli animali protetti, come la tartarughe marine, non possono e non devono essere catturati senza l’autorizzazione delle Autorità competenti; la cattura di animali protetti senza autorizzazione è perseguibile penalmente.
L’operazione di rilascio è stata eseguita dallo staff acquariologico e medico veterinario dell’Acquario di Genova in accordo con i Carabinieri, servizio C.I.T.E.S., che coordinano a livello nazionale l’applicazione della Convenzione di Washington che tutela questi animali, e in collaborazione con la Guardia Costiera, nell’ambito delle attività previste dal Protocollo d’intesa vigente tra la Direzione Marittima e l'Acquario che ha l’obiettivo di definire e gestire i principi di intervento in caso di segnalazione, avvistamento o ritrovamento di esemplari di fauna marina feriti o in difficoltà, oltre che nel comune intento di rilanciare, in ogni favorevole occasione, un messaggio di massima sensibilità ambientale per stimolare l’utente del mare ad un radicale cambiamento culturale proteso al massimo rispetto dell’ambiente marino.
L’Acquario di Genova interviene sulle tartarughe marine in difficoltà dal 1994 e dal 2009 è referente istituzionale per la Regione Liguria per l’ospedalizzazione delle Caretta caretta (accordo Stato-Regioni), svolta in collaborazione con i Carabinieri servizio C.I.T.E.S.. Nel 2017, ha ricevuto, insieme all’Acquario di Livorno, anch’esso gestito da Costa Edutainment, il riconoscimento nazionale come centro di recupero e lunga degenza delle tartarughe marine dal Ministero della transizione ecologica.
L’Acquario di Genova e la Fondazione Acquario di Genova Onlus sono impegnate da sempre in attività di conservazione e ricerca che riguardano molte specie acquatiche attraverso progetti di intervento sia in natura sia in ambiente controllato. A queste attività è da sempre correlata un’attività altrettanto importante di divulgazione per sensibilizzare il pubblico e tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti sulla necessità di adottare comportamenti quotidiani e sistemi di gestione che contribuiscano in maniera concreta e significativa alla tutela delle risorse naturali, con particolare riferimento alle specie che popolano l’ambiente marino. Azione che dal 2020 vede i due enti collaborare con il WWF attraverso un accordo quadro che prevede la realizzazione di attività di ricerca, divulgazione e conservazione di specie marine, specialmente nell’ambito del Santuario Pelagos.
Diverse sono le cause che portano al ricovero degli animali. Tra le principali: interferenze con le attività di pesca, principalmente dovute ai palamiti (è frequente la presenza di ami nella cavità boccale o nel tratto digerente, spesso evidenziato dal filo di nylon che fuoriesce ai margini della bocca) o alle reti (possono causare ferite, mutilazioni e, nel peggiore dei casi, il soffocamento degli animali); ingestione di corpi estranei, quali ad esempio sacchetti di plastica scambiati per meduse che fanno parte della dieta naturale di questi rettili; impatto con imbarcazioni a motore, che arrecano traumi e ferite sul carapace o sul capo, a volte letali; patologie debilitanti che provocano lo spiaggiamento dell’animale; sversamenti o presenza di petrolio.
IL COMMENTO
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