Attualità

1 minuto e 30 secondi di lettura
di steris

D'accordo che a Chiavari, come sanno nel resto del Tigullio orientale, "hanno le palanche". Però l'Orient Express in sosta nella città sulla riva destra del fiume Entella è un bello schiaffo alla miseria inflitto al circondario, compresa Lavagna che nel territorio comunale grazie a Cavi ha il doppio delle stazioni di Chiavari, così come Sestri Levante forte non solo dello scalo di Riva Trigoso, ma dei ben sette binari (cinque di corsa e due tronchi) pienamente operativi, terza stazione della provincia dopo le due di Genova.

Comunque è andata che il treno "pieno di signori", forse ancor più di quello dell'epos gucciniano, di tutti i posti dove poteva fare una fermata tecnica ha scelto Chiavari. Chissà se non ci fosse da far salire qualcuno dei ricconi locali, lo diciamo con ironia sestrina, non rari nella città dove la più grande industria è la banca e dove i villini di corso Millo, molti disabitati, raccontano di un'emigrazione in Argentina foriera di altro grano. In ogni caso, come sanno i lettori di Agatha Christie, l'Orient Express segue la tratta da Istanbul, o meglio Bisanzio o ancor meglio Costantinopoli, alla Gare de Lyon di Parigi, raggiunta passando per la rotta balcanica, Venezia Santa Lucia e il glorioso traforo del Sempione tra Iselle di Trasquera e Briga. Per includere Chiavari, insomma, bisogna passarci apposta. Dirottamento o capriccio? Davvero ci vuole Poirot.

Cosa ci faceva "Le Train Bleu", nome anche del locale più rinomato proprio della stazione di Parigi, a Chiavari? La nostra Elisabetta Biancalani, ferropendolare sempre sul pezzo, oltre a mandarci le foto ci informa che i passeggeri in attesa di qualche proletarissimo "Jazz", "Pop" o "Rock" hanno sottoposto macchinista e capotreno, entrambi in uniforme d'epoca, e camerieri in livrea, a un fuori programma di foto ricordo. Poi il treno è ripartito, con il suo mistero, e pensieri che all'incontrario van.